Alessandro Serra sceglie Bequadro

29.09.2020

Comunicato stampa | Dopo venticinque anni di coesistenza con il proprio impianto Hi-Fi, Alessandro Serra decide di fare un salto di qualità e inizia a cercare una coppia di diffusori che possano appagare il suo orecchio smaliziato. Complice un amico comune, va a trovare Claudio Pinchi, della Organi Pinchi, per ascoltare le sue Bequadro Due. Di lì a poco, Alessandro diventa un felice possessore di una coppia di Bequadro Uno.

 

Ecco dalla sua viva voce – introduzione più che adatta, trattandosi di un attore e regista – la sua appassionata testimonianza:

 

“Quando usiamo la musica in teatro, sappiamo che stiamo, come dire, barando... Il potere evocativo della musica viene utilizzato a volte per coprire un vuoto emotivo. Quindi occorre essere molto cauti. Non ho mai studiato musica, ma ne ho ascoltata molta e, a proposito di Bach, a cui torno sempre, credo di aver appreso inconsciamente le tecniche compositive della fuga e del contrappunto: è uno degli aspetti più istintivi del mio lavoro, non saprei scrivere una fuga e forse non mi è neanche ben chiaro cosa sia davvero un contrappunto, ma so che nelle mie composizioni si possono individuare. Mi riferisco certamente alle composizioni musicali delle partiture sonore, ma anche alla vera e propria drammaturgia. Ascoltare una certa musica comporta anche degli effetti sul modo di pensare la scena e così, ad esempio, il Tintinnabuli di Arvo Pärt in qualche modo si è depositato e si manifesta in scena.

 

Foto di scena da un'opera teatrale di Alessandro Serra


Ecco perché negli spettacoli che realizzo i suoni vengono creati in scena dall’incontro tra gli attori e gli oggetti. Solitamente registro personalmente ciò che non può essere riprodotto dal vero e che poi utilizzo: rimarresti sorpreso di scoprire cosa stai realmente ascoltando. Le fusa del mio gatto, ad esempio, opportunamente amplificate e trattate, sono diventate i passi della strega di H+G, Hansel e Gretel. I suoni comunicano a un livello più sottile delle parole, evocando suggestioni altrimenti inesprimibili.

 

Proprio come per i miei lavori, quando ascolto la musica in casa desidero trovare quella tridimensionalità e matericità che mi faccia apprezzare tutto lo spazio della scena. Non solo quello che si trova tra gli strumenti e il palcoscenico, ma anche la stessa aria che circonda l’esecutore, riuscire a percepire le vibrazioni di una corda o la durezza del legno di una bacchetta che colpisce il rullante. La capacità di risolvere questi dettagli infinitesimali è per me fondamentale. Allo stesso tempo voglio percepire anche tutte quelle piccole inesattezze che conferiscono umanità a ciò che l’uomo crea. Come dice un antico proverbio cinese “Quando l’acqua è troppo pulita, i pesci muoiono”. Il rischio è che gli audiofili sottraggano tempo a Mozart per dedicarlo alle disquisizioni sulla capacità conduttiva di un cavo di rame.

Lo stesso avviene per la fotografia, ci si arrovella sulla vignettatura e le aberrazioni cromatiche e si smette di fotografare, spegnendo in noi la capacità di guardare aldilà.


Vrel Bequadro Uno

 

Con le mie Bequadro non corro il rischio, stanno lì, ben piantate in terra, materiche, fedeli alla loro vocazione, senza fronzoli. Ah, dimenticavo, le Bequadro, soprattutto nella versione quasi Zen che Roberto Verdi di Vrel Electroacoustic ha allestito per me, sono semplicemente bellissime. Ci tengo a dirlo perché mi è capitato di vedere famosi e blasonati diffusori dal costo esorbitante che, sì, magari suonano bene, ma a me sembrano astronavi dei film di fantascienza degli anni ‘70 scese dallo spazio nel salotto di casa. L’utilità è la forma, diceva un grande maestro, il che significa che in campo artigianale il bello si compie inavvertitamente. Roberto non credo abbia voluto creare due oggetti di design, ma quelle casse sono belle perché suonano così bene. Suonano davanti e dietro, sono oltre lo stereo, sono dal vivo e sono essenziali e belle nella loro castità.

 

Per tornare a quanto conta la musica, sempre più spesso oggi in teatro gli attori vengono microfonati e il pubblico si è lentamente abituato a questa orribile prassi, complice la pessima acustica di molti teatri moderni, come quella di tanti teatri malamente ristrutturati. Lo spettatore si trova così a guardare una scena a cui però corrisponde un commento audio che, nella maggioranza dei casi, ha perso la forza della parola. L’attore non ha la necessità di utilizzare il diaframma per portare la voce e quindi si limita a parlare e spegne il proprio corpo. Si perde molta della magia del teatro facendo questo. La voce dell’attore deve uscire dal corpo dell’attore e non da due altoparlanti, spesso di bassa qualità. Quello che mi ha stupito delle Bequadro è stata invece la loro capacità di far uscire la musica da questa dimensione di “riproduzione” per portarla esattamente nel mio soggiorno con i suoi interpreti ben presenti e vivi. Fin dal primo ascolto, già alle prime note, per me è stata emozione pura. Nei giorni di inizio anno di clausura forzata, ho dato fondo al mio abbonamento a Tidal, scoprendo cose nuove, riscoprendo incisioni che già conoscevo in versione master, con dettagli a me prima sconosciuti. Incredibile sentire nelle registrazioni molto vecchie il fruscio del registratore analogico o il ronzio di un amplificatore per chitarra. Certo, disporre di un altoparlante così performante a volte può far emergere i limiti di una registrazione ma, alla fine, meglio l’autenticità, “meglio un vero inferno che un finto paradiso”, come diceva Simone Weil.”.

 

 

A proposito di Alessandro Serra

Si forma come attore a partire dallo studio delle azioni fisiche e dei canti vibratori nel solco della tradizione di Grotowski, per poi arrivare alle leggi oggettive del movimento di scena trascritte da Mejercho’ld e Decroux. Integra la sua formazione teatrale con le arti marziali che pratica sin da giovane. Si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo all’Università la Sapienza di Roma con una tesi sulla drammaturgia dell’immagine. Fondamentale, negli ultimi anni di formazione, l’incontro con Yves Lebreton e il suo metodo del Teatro Corporeo. Nel 1999 fonda la Compagnia Teatropersona, con la quale mette in scena le proprie opere che scrive e dirige, curandone scene, luci, suoni e costumi. Tra queste ricordiamo Beckett Box, il Trattato dei manichini, Aure e H+G. Nel 2017 ritorna al teatro di prosa e crea Macbettu inspirato all’opera di Shakespeare e recitato in lingua sarda. Lo spettacolo vince un numero impressionante di premi, riscuotendo un successo mondiale con repliche che proseguono ancora oggi.

 

Oltre a ciò, Serra è anche fotografo e audiofilo. Da giovane incontra la musica attraverso la pratica del canto vocale sacro nel collegio in cui studiava. Scopre ben presto di avere una grande sensibilità musicale, dono che gli permette di riprodurre d’istinto melodie e suoni individuando note e altezze. Fa scorpacciate di musica sinfonica, Beethoven sopra agli altri, e poi, in un diminuendo graduale, arriva infine ad apprezzare il singolo strumento, in una ricerca più intimistica. Non tarderà a trovare in Bach il suo autore di riferimento. Oggi predilige così l’ascolto di opere in cui si distingua e stagli la voce umana o strumentale, opere dunque con pochi o singoli strumenti. Ama le voci femminili come quelle di Edith Piaf, Nina Simone, Karen Dalton che secondo lui “cantano le ferite del mondo”. Uno dei suoi dischi preferiti è Morimur, dell’Hilliard Ensemble, ECM, anch’essa una delle etichette preferite.

 

 

Per ulteriori info: al sito Vrel Electroacoustic

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