Scrivere di cavi, o su cavi, o intorno ai cavi per alta fedeltà, di qualunque genere e tipo essi siano, è sempre problematico, vuoi per la estrema soggettività delle impressioni d’ascolto, vuoi perché ogni sistema, anzi ogni apparecchio, fa storia a sé, e infine perché gli effetti percepiti da molti appassionati rientrano nella sfera della fantasia per altri. La presenza di questo “severo” cavo di alimentazione nel mio sistema mi permette di provare a puntualizzare qualche concetto su questo misconosciuto e spesso ignorato elemento dei nostri impianti.
Discussioni, discussioni…
È ben noto a tutti che non esiste una modellizzazione del comportamento dei cavi utilizzati per uso audio in grado di correlare misure a caratteristiche sonore ed è possibile, quindi, da un punto strettamente scientifico, sostenere che di seguito leggerete una chiacchierata da bar o giù di lì.
Ma davvero non abbiamo alcuna certezza su cosa conta e sul perché un cavo, pochi centimetri di conduttore in fondo, possa avere un’influenza sul suono?
Facciamoci venire in aiuto, allora da una conversazione, che in realtà durerebbe ore e ore, tra lo Scettico e il Pragmatico…
Scettico: Ma come può un metro o poco più di cavo, che dalla spina del muro va all’apparecchio, influenzare il suono? E i chilometri di condotta elettrica fino alla presa del muro non contano niente?
Pragmatico: Può, perché esso agisce da filtro, avendo ogni cavo conduttore una capacità, un’induttanza e una resistenza propria. Questi valori, seppure di modesta entità, sono in grado di modificare il suono che, ricordiamolo, è composto proprio dalla corrente che scorre nelle piste degli apparecchi. Ovviamente la maggiore o minore influenza dipenderà da molti altri fattori, a cominciare dalla circuitazione utilizzata proprio nell’alimentazione così come dalla componentistica impiegata. Così come per il concetto di “first watt” introdotto da Nelson Pass, il quale sostiene che in un amplificatore di potenza il primo watt è quello più importante ai fini del risultato finale, in quest’altro contesto possiamo provare a introdurre il concetto di “last meter”, quale tratto fondamentale di conduttore che filtra una corrente che arriva da lontano, piena di spurie introdotte dalle utenze collegate lungo tutta la linea che parte dalla cabina di distribuzione. Chi vive in città vicino a insediamenti industriali – basta la lavanderia sotto casa – come chi vive in campagna a grande distanza dalla cabina di distribuzione sa che esistono ore in cui si può ascoltare e ore in cui l’ascolto diventa frustrante. E in quest’ultimo caso la spiegazione può trovarsi nelle ampie variazioni di voltaggio che la compagnia elettrica impone nei contratti, mentre più spesso il fenomeno dipende proprio dalle interferenze introdotte sulla rete. Il cavo di alimentazione non è, ovviamente, in grado di ovviare alle alterazioni del valore di tensione, però è in grado di “ripulire” questa corrente da un certo numero di spurie. E questo trova un riscontro nel fatto che l’utilizzo di cavi di lunghezza discreta appare essere il miglior compromesso tra un’efficace capacità filtrante senza generare alterazioni del suono in senso di maggiore chiusura dello stesso. Insomma, usare cavi corti non è una soluzione valida ma nemmeno cavi da molti metri di lunghezza lo è.
Scettico: Ma questo non vuol dire dover vedere orridi pitoni per terra, non basta un cavo con buoni conduttori? I cavi audiophile sono specchietti colorati per gli illusi e per far lievitare i prezzi, i cavi “pitonati” non servono a niente!
Pragmatico: Lo sviluppo dei cavi di alimentazione in campo audio ha mostrato ben presto non solo che, visto che la corrente alternata cambia direzione 50 volte al secondo, il cavo vibra e questa frequenza produce armoniche – persino misurabili – che interferiscono anche con il segnale musicale, nonostante la presenza dei trasformatori, che vibrano anch’essi per lo stesso motivo e anche per altri. Chi prova a mettere una mano sul cavo di alimentazione di un grosso finale in classe A potrà sentire il fremito della corrente che attraversa lo stesso, per cui lo smorzamento dei cavi con materiali inerti ma capaci di ridurre le vibrazioni si è rivelato migliorativo sulla qualità del suono.
Anche il dielettrico, ovvero il materiale usato per isolare i conduttori, ha un effetto tutt’altro che secondario sul suono e perciò ci troviamo di fronte a un numero di problemi dove solo la pratica sperimentale ci viene in aiuto, nonostante lo scetticismo imperante dei “cavoscettici”. Ed ecco che la capacità di smorzare le vibrazioni e quella di isolare il cavo, cercando di mimare “il dielettrico che non c’è”, ovvero l’aria, diventano variabili importanti nel raggiungimento di un buon risultato finale, che vuol dire filtrare il tanto che basta, smorzare il tanto che basta, isolare in modo sicuro ma evitando le interferenze del dielettrico con il materiale conduttore. Per fare un esempio sulle interferenze del materiale isolante con il conduttore: il PVC col tempo rilascia gas che alterano il metallo, in genere rame, ossidandolo e cambiando così le sue proprietà conduttive, cosa che non fa il ben più costoso PTFE.
Appare infine evidente perché questa discussione potrebbe durare molto a lungo, mille altre domande potrebbero nascere sulla qualità delle spine, delle prese, sui trasformatori di isolamento, sui condizionatori di rete e poi sulla fase elettrica e sulla necessità che tutti gli apparecchi vengano “rifasati”, per finire con l’ultimo grido in fatto di alimentazione in Hi-FI, i nuovi oggetti chiamati “ground box”. Tutto interessantissimo, ma ci porterebbe a scrivere pagine e pagine di esperienze, per alcuni verità come pure illazioni per altri. Ciò che è davvero importante sottolineare, a mio avviso, è cercare di far comprendere che quel tratto di cavo che va dalla presa di corrente al nostro apparecchio è tutt’altro che neutro nei confronti del suono che quell’apparecchio sarà poi in grado di riprodurre e che soprattutto un cavo non vale l’altro.
Il cavo di alimentazione Rossini
Lab Audio Technology è una bella realtà palermitana, nata ad opera di Luigi Bocca, grande appassionato che lavora attivamente da anni nel mercato dell’alta fedeltà e fondatore della ditta che deve la sua fama soprattutto per essere la distributrice di KR Audio per l’Italia – chi non conosce il mitico Kronzilla? – oltre a distribuire vari accessori. Da poco è diventata anche “mamma” di Valvole Audio, nuovo sito di e-commerce tutto italiano, dove si possono trovare, oltre a valvole NOS e di produzione attuale, le eccellenti Psvane e le famose e preziose KR Audio.
Da tempo in quell’azienda si era intuito esistere una fetta di mercato scoperta, del tutto ignorata o quasi, ovvero i cablaggi professionali per chitarra e basso elettrico di alta qualità. Da qui è partita una ricerca che ha generato cavi di connessione per strumenti apprezzati da musicisti professionisti di tutta Europa e accanto a questa, come naturale evoluzione, è seguita una serie di cavi per audio casalingo. Attualmente sono in listino due serie di cavi per audio: la serie Verdi, che rappresenta la linea entry level, in rame UPOCC, affiancata dalla Rossini, che rappresenta il top di gamma e che vede l’utilizzo di conduttori in rame argentato, isolati in PTFE.
Entrambe comprendono cavi di segnale bilanciati e sbilanciati, cavi per diffusori e anche cavi di alimentazione, tra cui l’oggetto della nostra prova.
Tutti i cavi sono fatti a mano, partendo da un conduttore multifilare a norma militare in rame argentato, riunito in gruppi differenziati per numero di conduttori, ciascun gruppo ricoperto in teflon e poi twistato con gli altri attraverso una geometria proprietaria.
A questo punto il cavo viene smorzato con cotone naturale privo di trattamento chimico e finito con una guaina nera in nylon, utilizzando alle estremità da un lato una spina Schuko e dall’altro la consueta IEC. Nel Rossini entrambe queste spine appaiono di eccellente qualità e sono rodiate.
Senza voler aprire un altro capitolo sui materiali dei contatti elettrici e sull’influenza di questi sul suono va però ricordato che il Rodio è un elemento non solo dalle ottime capacità conduttive e dalla elevata resistenza meccanica ma anche estremamente resistente all’ossidazione, il che vuol dire mantenere costanti nel tempo le sue capacità conduttive.
La quantità di PTFE, cioè Teflon, da utilizzare è stata lungamente studiata, così come la geometria dei conduttori, alla ricerca del miglior bilanciamento sonico. Non ho fatto cenno alla presenza di uno schermo in quanto il cavo non è schermato per scelta del produttore, in quanto egli sostiene che la particolare geometria del cavo è di per sé sufficiente a fornire una sufficiente reiezione ai disturbi RFI e EMI dell’ambiente circostante. Il risultato è un cavo di diametro contenuto, 13 mm, piuttosto rigido ma facilmente curvabile, non troppo pesante e quindi utilizzabile anche su apparecchi di stazza e peso limitato. Potrebbe sembrare un particolare secondario ma non è la prima volta che capitano incidenti dovuti al peso eccessivo dei cavi su apparecchi di massa non elevata, magari messi a dimora su punte, i quali vengono trascinati fuori dal piano di appoggio proprio dal peso degli stessi cavi connessi. Questo è un problema così reale che alcuni produttori, uno per tutti ad esempio Furutech, hanno ideato costosi supporti aggiuntivi da posizionare dietro agli apparecchi proprio come fermacavi.
Il nostro esemplare è giunto, su mia richiesta, della lunghezza di due metri, perché la mia e l’altrui esperienza ha dimostrato che questa lunghezza mostra il miglior bilanciamento tra una valida azione di filtro e un eccesso di filtraggio provocato da lunghezze superiori, che invece corrono il rischio di provocano un effetto “castrante” sul suono. Una lunghezza variabile tra 1,50 e 2,00 m è perciò ottimale e il mio consiglio è di evitare di scendere sotto il metro e mezzo, comunque.
Aperta la confezione di cartone, semplice ed elegante ma sicuramente non sfarzosa, ci si trova davanti al piccolo “pitoncino” avvolto su sé stesso all’interno di una normale busta di plastica, con opportune protezioni dei connettori su entrambi i lati. L’apparente semplicità della confezione dimostra la serietà dell’oggetto perché il lusso esagerato di una confezione si paga assai salata e sono denari non certamente investiti in un miglioramento delle prestazioni. In questo caso, invece, il prezzo elevato ma non certo oltraggioso di questo Rossini, 740 euro al metro, è tutto investito in materiali di pregio e soprattutto nel lunghissimo lavoro manuale necessario per confezionarlo, che si traduce in un intero giorno di lavoro per ogni metro terminato!
Un cavo calvinista
Va premesso che il sistema su cui è stato utilizzato questo Rossini è stato ottimizzato nel corso di anni e di decine di prove cosicché ogni apparecchio ha trovato il “suo” cavo adeguato al risultato finale, al termine di una selezione di decine di cavi differenti. La prova è stata effettuata nell’unico modo possibile: dopo il lungo burn-in di circa 200 ore necessario perché si stabilizzassero le sue prestazioni e dopo aver verificato la fase elettrica, altra cosa fondamentale, tanto semplice quanto ignorata dai più, il Rossini ha iniziato a girare tra gli apparecchi in funzione, permettendo una comparazione con i miei “golden standard” in uso, così da comprenderne pregi e difetti.
Deve essere sottolineata la necessità assoluta di un rodaggio prolungato, necessario perché le caratteristiche di questo oggetto vengano completamente alla luce, dopodiché il cavo ha iniziato a sfoderare le sue migliori qualità e sono cominciate le danze.
Il test ha comportato il suo utilizzo su DAC, preamplificatore, finali a valvole e a transistor, compreso un nuovo arrivato nel mio setup, costruito sul famoso chip LM3886 Texas ma implementato con la migliore componentistica reperibile sul mercato e, soprattutto, con una super alimentazione regolata basata sui regolatori Belleson SPHP, che sta sfoderando risultati sonici semplicemente sorprendenti.
Sui finali di potenza
L’iniziale mia perplessità della minore sezione del Rossini rispetto al cavo residente, un DHLabs Red Wave, è stata fugata dal suo ascolto. E se il finale a transistor anzi i finali, dal momento che il Gainclone 3886 si è alternato con un buon vecchio ma sempre ben suonante Exposure IV, richiedono un relativamente basso assorbimento di corrente, lo stesso non si può dire per il GRAAF GM 20, che assorbe circa 500 watt a riposo. Ebbene, in entrambe le configurazioni la dinamica non ha mostrato differenze, soprattutto la macrodinamica non ha mostrato cedimenti rispetto al riferimento. Il Rossini evidenzia, invece, quello che sarà una costante di comportamento su tutti gli apparecchi: una linearità di risposta, un rigore timbrico e una definizione della scena adamantina, solida, ferrea e priva di qualsivoglia benevolenza o ruffianeria fasulla. È un cavo rigoroso, calvinista appunto: se pecchi vai all’inferno, se hai pecche nell’impianto egli le evidenzierà, questo è sicuro. Niente perdono, niente aggiustamenti zuccherosi, solo rigore e definizione. Rispetto al DHLabs guadagna in precisione ma nel contempo perde un po’, soprattutto con la musica orchestrale, quel senso di “fusione con precisione” che si riscontra con tutti e tre i finali del mio setup. Sto parlando di una sottile nuance che se da un lato nella musica elettronica diventa assai apprezzabile su quella acustica un po’ meno. Con il Rossini un po’ più di precisione e un pelo meno di fusione.
Sul preamplificatore
Conrad Johnson Premier 14 upgradato, per meglio dire, rifatto ex novo: il cavo residente con il quale va a scontrarsi questa volta il Rossini è il Neotech NEP-3003 III, scelto dopo lunghe sedute d’ascolto, cavo schermato e con monocristallo in rame ad alta purezza ricoperto in argento. Anche qui il prodotto di Lab Audio Technology sfodera una prestazione assai convincente, sempre sul versante del rigore assoluto. Nel cambio questa volta c’è meno differenza, sottolineando che essa era già piuttosto sottile nel suo confronto sui finali utilizzati. Sul preamplificatore i due cavi appaiono più simili come caratteristiche soniche. Nonostante la nomea di mielosi/zuccherosi che i preamplificatori americani si sono fatti tra gli appassionati, vi assicuro che il mio Premier 14, dopo la ricostruzione effettuata non si può che definire rigoroso, ma ciò nonostante l’uso del Rossini non accentua in alcun modo questa caratteristica dell’apparecchio, a garanzia della sua scarsa influenza sul risultato finale. Un calvinista trasparente, insomma!
Sul DAC
Autocostruito su base BB1704, stadio d’uscita a FET 2KS170 Toshiba, clock con Femtoclock Crystek, alimentazione full Belleson. Anche qui le differenze con il Furukawa FP-314Ag II sono ugualmente sfumate e così anche qui prevale una lieve nuance di tendenza al rigore laddove il Furukawa lascia più spazio a un minimo di laissez-faire. Però è doveroso dire, oltre che giusto, che lo scambio del Furukawa sul preamplificatore con il Neotech sul DAC produce effetti davvero nefasti sul suono del mio sistema, tutto diventa confuso, piatto, privo di anima. Cosa che mai, in nessun caso, accade inserendo il Rossini.
Conclusioni:
Ho descritto il miglior cavo di alimentazione del mondo? Certamente no, questo rigoroso cavo necessita di impianti assai performanti e ben messi a punto, non è un oggetto con il quale pensare di aggiustare alcunché, dal momento che esso sottolinea quello che c’è ma pure quello che non ci dovrebbe essere. Certo può essere utilmente utilizzato in sistemi con amplificatori a tubi di vecchia concezione, quelli un po’ lenti e dolci, dove un po’ di pepe e rigore non guastano. Ma di certo non lo utilizzerei, per esempio, su sistemi già puntuti di loro, perché questo aspetto verrebbe accentuato in modo non esattamente piacevole. Aggiungerei che un sistema puntuto è la dimostrazione che qualcosa non va per il verso giusto e che i proprietari dovrebbero cercare i motivi di fondo di un suono del genere piuttosto che cercare scorciatoie attraverso l’uso di cavi che caratterizzano il suono.
Il suo costo non è spropositato, vale tutta la cifra richiesta, ma la cosa che sento la necessità di sottolineare è che dopo aver passato anni a sperimentare e a testare cavi di alimentazione, arrivando alla fine a trovare la quadra con quelli che utilizzo, mai e sottolineo mai mi è capitato tra le mani un cavo così versatile e ben suonante su tutti gli apparecchi a cui è stato connesso. Che non mi sembra davvero poco.
Caratteristiche dichiarate dal produttore
Lunghezza del campione in prova: 2m
Conduttore: rame argentato
Isolante: Teflon e cotone naturale non trattato
Guaina esterna: nylon nero
Connettori: Schuko e IEC con contatti rodiati e corpo in plastica
Distributore ufficiale Italia: vendita diretta, vai al sito Lab Audio Technology
Prezzo Italia alla data della recensione: 1.240,00 euro
Sistema utilizzato: all'impianto di Daniele Sabiu