Charles Tolliver | Connect

24.11.2020

A leggere le numerose collaborazioni che il trombettista e compositore Charles Tolliver ha seminato lungo la sua carriera c’è da farsi venire le vertigini. Vi cito solo qualche nome, con la consapevolezza di dimenticarne molti altri e non certo di minor spessore. Parliamo ad esempio di sassofonisti come Gary Bartz, Booker Ervine, Jackie Mc Lean, Oliver Nelson e di pianisti del calibro di Andrew Hill, McCoy Tyner e Horace Silver. Nel 1971 è tra i cofondatori della Strata East, la prima etichetta discografica della Storia fondata da e per musicisti, etichetta che possiede ancora i diritti di una cinquantina di album e non tutti di solo jazz. Ovviamente non parliamo esclusivamente di collaborazioni e management. Tolliver ha pubblicato a suo nome una quindicina di lavori di cui questo Connect è l’ultimo in ordine di uscita.

 

Nato in Florida ma newyorkese d’adozione, questo ultrasettantenne trombettista è molto quotato e apprezzato negli USA ma meno conosciuto e valorizzato in Europa. Un vero peccato, almeno a giudicare da questo suo ultimo lavoro, che ricorda quelle belle cose della Blue Note dei primi ’60, un post-bebop ben strutturato realizzato da un quintetto di tutto rispetto che vede, oltre alla tromba di Tolliver, la presenza di Jesse Davis al sax alto, di Keith Brown al piano, Buster Williams al contrabbasso e Lenny White alla batteria, più la partecipazione di Binker Golding al sax tenore.

 

Non è un disco, questo, di immediata assimilazione. Occorrono almeno un paio d’ascolti per assaporarne le sfumature e soprattutto la sua solida struttura di base che appoggia su una robusta ed elegante cadenza ritmica.

La batteria, nel primo brano Blue Soul, si empatizza addirittura con qualche battuta rock avvertibile in un ostinato tom-tom per poi adagiarsi in un battito lineare, che mi ha ricordato certe atmosfere dell’Herbie Hancock di Cantaloupe Island.

Il tema di Copasetic, con i fiati all’unisono, sembra quasi un non so quanto involontario omaggio a Pepper Adams.

Nell’ultimo brano del disco, Suspicion, l’apertura è affidata al contrabbasso, che offre un misurato assolo per introdurre il brano forse più moderatamente free di tutto l’album.

 

Se dovessi riassumere l’impressione globale di questo lavoro userei un paradosso spaziotemporale descrivendo il tutto come un post bebop contemporaneo. Una contraddizione in termini, evidentemente, ma che può servire per riassumere l’allure di questo Connect nel suo complesso.

 

 

Charles Tolliver

Connect

CD Gearbox Records 2020

Reperibile in streaming su Qobuz 24 bit-96khz

di Riccardo
Talamazzi
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