Convertitore Bel Canto DAC2.5

13.12.2011

Cito due tra le definizioni attuali più in voga: “Bel canto: stile di canto di tipo virtuosistico, caratterizzato da grande agilità di fraseggio e dal passaggio omogeneo dalle gamme gravi alle acute, che dominò il melodramma italiano fino a Rossini”. “Bel canto: arte del canto considerata soprattutto riguardo alla bellezza del suono e alla maestria tecnica e virtuosistica”.

Il fattore che mi ha indotto a esordire con queste menzioni è stata la curiosità di scoprire le connessioni tra l’idea artistica di Bel Canto, e l’ispirazione balenata nella mente dell’Ing. John Stronczer, quando, nel lontano 1993, assunse l’iniziativa di fondare un’azienda audio hi-end nel profondo Minnesota, denominandola ambiziosamente Bel Canto Design.

L’espressione bel canto si presta a essere comparata con altre analoghe locuzioni composte come buona lettura, bon ton, buon gusto, che valorizzano il termine in modo distintivo, ovvero riservato a intenditori che vogliono discernere il canto artisticamente elevato dal concetto più banale dello stesso. Quanto mai appropriata, all’interno del contesto audiofilo, risulta essere l’associazione bel canto-buona musica, un sodalizio estremamente attraente per chi scrive, e altresì evocativo di tempi in cui la cultura musicale, anche quella più umile e popolare, costituiva un valore fondante della società.

Con queste stimolanti prospettive ho accolto l’opportunità di provare il Bel Canto DAC2.5, ovvero il modello medio della produzione dei loro convertitori, a metà strada tra il modello base 1.5 e il top di gamma 3.5.

 

Il carattere dell’azienda si rivela già aprendo l’imballo. Nel nostro caso ci si trova al cospetto di una vera e propria valigetta con maniglia che, a dispetto dei soliti anonimi e poco pratici box, permette un agevole trasporto e assomiglia a un contenitore da dimostrazione. All’interno, l’apparecchio è allocato in un sandwich di due telai speculari in cartone che tendono due spesse membrane di cellophane trasparente, e consentono di tenere l’oggetto praticamente sospeso, assicurandolo contro i pericoli di urto.

L’estetica richiama i tratti della linea corrente delle elettroniche Bel Canto, ovvero un housing di ampiezza ridotta, sviluppato in profondità, con uno chassis di acciaio verniciato nero e un coperchio dello stesso materiale, ma ancora più spesso, pesante e ben smorzato. Il pannello frontale, color alluminio, dona all’insieme un aspetto semplice e austero, ma di una certa attrattiva. Verso il bordo sinistro del pannello è stata ricavata un’uscita per cuffia, mentre sulla parte destra è alloggiata una manopola da 38 mm, con un intacco circolare che accoglie la punta di un dito. Pigiando si selezionano gli ingressi, mentre con la rotazione si regolano i livelli del volume. Lungo il bordo alto del frontale campeggia il logo Bel Canto inciso nel metallo e, più in basso, l’ampio schermo display. Il pannello posteriore si presenta molto ricco di connettori ed informazioni grafiche; la natura della macchina comincia a rivelarsi. Sono presenti cinque ingressi digitali: un AES/EBU, due coassiali S/PDIF, un TosLink, tutti regolati a 24bit/192kHz, e un USB 24bit/96 kHz. Si procede con un’uscita XLR da 4VRMS, una RCA da 2VRMS, e un selettore per il livello delle stesse, fisso e variabile. L’elemento intrigante è costituito da un ingresso RCA analogico, che consente di connettere il DAC direttamente a un finale di potenza, eliminando la necessità di un preamplificatore di linea.

Lo spazio interno è sufficientemente ordinato e racchiude sostanzialmente tre schede circuitali. Una verticale collocata dietro il frontale, che contiene il display e i circuiti di controllo; la scheda di alimentazione, una parte della quale è integrata al modulo principale, mentre una seconda sezione è separata e conduce i 12V, immagazzinando energia in due enormi condensatori da 68.000 mF. Se è vero che tutte le strade portano a Roma, la main board è la prova che tutte le tracce circuitali di un convertitore di livello portano a Burr Brown. Infatti, nel cuore del circuito stesso domina la scena un chip Burr Brown PCM1796, ben noto per le conclamate eccellenti performance in fatto di dinamica, bassa rumorosità e altissima risoluzione, oltre che per la capacità di migliorare la tolleranza al clock jitter. Anzi è la Bel Canto stessa che promuove ed esalta la topologia del suo circuito chiamato Master Reference Ultra-Clock, che assicura una riduzione del jitter al di sotto della soglia udibile. La cura della precisione è supportata dall’uso di resistenze all’1% di tolleranza, da uno stadio di uscita in classe A, da un’alimentazione con componenti a basso rumore, per finire con il solido chassis che ho già descritto.

Appena si preme l’interruttore dell’accensione si illuminano i caratteri verde brillante del display, che misurano ben 19 mm e, in contrasto con il nero dello sfondo, producono un gradevole effetto visivo e sono apprezzabilmente intelligibili anche a lunga distanza. Il display aumenta in luminosità mentre si effettuano le selezioni, per poi attenuarsi autonomamente.

La nota dolente della fornitura è il telecomando, di fattura comune e di plastica leggera, inadeguato al livello generale della macchina, pur con molteplici funzionalità di gestione.

 

La prova d’ascolto si è svolta in larga parte utilizzando l’uscita coassiale di un CD player Musical Fidelity E60, in una versione ultra customizzata e potenziata in alimentazione. Con le modifiche cui è stata sottoposta è diventata un’ottima macchina, ma ha preso letteralmente il volo in accoppiamento con il DAC2.5. Si fosse trattato di un atleta avrei avuto il sospetto di doping! Ho giocato anche con i cavi digitali, giostrando su tre modelli: un Boomerang Cable, uno STAT Audio e un White Gold Reference. Tutti hanno messo in luce buone doti, ma il White Gold mi è sembrato avere una marcia in più.

 

La sensazione immediata che viene trasmessa è il silenzio; dai diffusori non si ode nulla, come se fosse in atto una sorta di bonifica ambientale con l’obiettivo di creare un humus idoneo alla diffusione delle informazioni musicali, anche le più recondite.

Avvio l’ascolto senza troppe timidezze, con Josè Neto, CD omonimo del 1993, prodotto dalla B&W Music. Vengo letteralmente travolto da un’onda sonora di elevatissima magnitudo; esplosiva, dinamica, con un basso consistente e profondo, forse leggermente ridondante, ma chiaro, come ognuno dei tanti strumenti presenti nel disco. La chitarra di José, una Paradis Avalon con corde in nylon, disegna delle traiettorie armoniose e decise sulla superficie sonica creata dal Roland D50 ed il Korg M1, puntellata dalle percussioni magiche di Airto Moreira. Tutto ha origine dal silenzio di fondo, e il suono, al contrario di cugini DAC anche nobili, non è mai compresso, ma aperto, espanso, nell’apprezzato sforzo di rompere quella corazza digitale che sovente tende a sopprimere l’armonia in favore del super dettaglio.

Proseguo la rotazione musicale con Ben Allison, Peace Pipe, Palmetto Records, 2002; un disco caleidoscopico di strumenti che danzano intorno all’asse portante del basso di Ben, e della kora di Mamadou Diabate. Che festa! I transienti sono invasati, ed emerge un forte senso di realismo nella ricreazione scenica accompagnato da una buona dose di naturalezza.

Con il disco Carlos V – La canciòn del Emperador, interpretato dall’ensemble Hespèrion XXI insieme alla Capella Reial de Catalunya, diretti dal maestro Jordi Savall, etichetta Aliavox in coproduzione con ORF, registrato in alta definizione 24bit/96kHz in una sala del castello di Cardona in Catalogna, si viene gradevolmente proiettati in un’atmosfera di ambienza antica inequivocabilmente affine al segmento temporale dell’incisione. Anche le frequenze acute delle arpe e delle viole da gamba sono setose e soavi, mentre le voci corali e soliste si librano leggiadre e avvolgenti.

Mi viene allora voglia di approfondire l’ascolto della voce. La scelta cade fatalmente su Odetta and Larry, Fantasy Record, 1993, registrazione che cattura l’immensa folk/blues singer in compagnia del banjoista e cantante Larry Mohr, durante una serie di esibizioni live al Tin Angel Club di San Francisco tra il 1953 e il 1954. La voce della Felious, con la sua impostazione da contralto, crea in sala un pathos talmente forte che il pubblico esita ad applaudire per timore di infrangerne l’intensità. Il Bel Canto, con discrezione, ci mette anche il suo talento, catturando i rumori, i tintinnii tra i tavoli, il vociare sommesso degli spettatori, e restituendoli così reali che ti viene voglia di ordinare un drink.

A questo punto intendo procedere con una prova estrema. Niente di meglio di Aoi, del cantante, compositore e polistrumentista nipponico Ayuo Takahashi, etichetta Tzadik, 2005, dove l’artista, oltre a curare le parti vocali, suona diverse chitarre, il piano, il synth, il bouzuki, il guitar-sitar, il basso e il muzys sequencer, ma lo fa alla giapponese, ovvero ribaltando tutti i canoni espressivi. A volte è percussivo, altre lirico, con farcitura di rumorismi e distorsioni di grande fantasia e freschezza, che solo la produzione illuminata e geniale di John Zorn può generare. Il nostro DAC non si scompone. Non lascia sul terreno neanche un dettaglio, e ricostruisce con destrezza i piani sonori di un messaggio musicale così articolato. Non siamo al cospetto di un disco facile, ma si resta incantati da una riproduzione che estrae l’anima degli strumenti che si intrecciano. Il bilanciamento tonale e la risoluzione sono veramente ottimi, tanto da far supporre l’assenza di distorsione armonica e di spurie in alimentazione. Non mi sorprenderebbe affatto se le performance soniche del Bel Canto 2.5 fossero coerenti con misurazioni di laboratorio da primato.

Ora ho bisogno di quiete. Faccio girare in sequenza José Neto, Mountains and the sea, Water Lily Acoustic, 1986, incisione magistrale di chitarra acustica, una Masaru Kohno con corde in nylon, e Didier Squiban, Molène, produzione L’Oz, 1997, disco di suites per pianoforte. La mezzanotte è appena passata, il corpo della macchina è al top del riscaldamento, si ode un crescendo di sonorità e vibrazioni; il mio corpo è rilassato, emetto un sospiro di appagamento, mentre il pianoforte bianco a coda di Squiban dipinge brumosi paesaggi Bretoni. Un’emozione si è consumata, mi sento pervaso da uno stato di benessere. La grande musica, distillata da un’ottima elettronica, è come un killer: ti colpisce sempre al cuore.

Dichiaro chiusa la sessione, ma lascio la macchina accesa, perché il giorno successivo ho ancora un residuo di tempo a disposizione per sperimentare l’ingresso analogico, e quindi utilizzare il DAC praticamente come un pre linea. Ho fatto lavorare, come sorgenti, dapprima un lettore CD California Audio Labs Aria MKIII, e, in seconda battuta, un giradischi EMT 938 con braccio EMT 929 e testina TSD15 SFL. Pur immaginando inverosimile che in questa configurazione il Bel Canto potesse eguagliare le prestazioni offerte in veste di convertitore, posso testimoniare che ha comunque assolto la sua nuova funzione con diligenza e sobrietà, mantenendo buoni spunti di riproduzione, anche se ho registrato un assottigliamento del soundstage, meno forza e profondità nel basso, e diminuita capacità di risoluzione.

Il nostro DAC si afferma come prodotto di assoluta modernità. La qualità del suono che esprime, la superba ingegnerizzazione, e l’opzione che, grazie al controllo del volume, permette la gestione di sorgenti analogiche, ne fa un oggetto difficilmente eguagliabile in termini di versatilità.

Bell’esperienza, bella macchina, bel suono… Bel Canto.

Ah! Se Verdi e Rossini fossero ancora qui.

 

SCHEMA RIEPILOGATIVO

Voto massimo ***** stelle

Timbrica **** | Buona tendenza alla naturalezza. Risulta essere il meno digitale tra i DAC ascoltati fino ad oggi.

Dinamica **** | Una locomotiva. Un po’ esagerato sulle basse frequenze.

Dettaglio **** | Spietato. Impossibile imboscarsi.

Trasparenza **** | Più che trasparente, direi quasi nudo.

Immagine *** ½ | Discreta la tridimensionalità. Non elevato il senso di aria e qualche limite in ampiezza e profondità.

Velocità *** ½ | Potrebbe essere un quattrocentometrista.

Costruzione *** ½ | Molto curata nella sostanza, sia in hardware che in software. Perfettibile l’estetica.

Rapporto qualità/prezzo **** | Attraente, in relazione alla doppia funzionalità di DAC e di preamplificatore.

 

 

Caratteristiche dichiarate dal produttore

Sezione digitale

Valore max ingresso:

24bit a 192Ks/s: AES 110ohm XLR; SPDIF 75ohm; TOSLINK

24bit a 96Ks/s: USB

Master clock jitter: 2picosecondi RMS

Sezione analogica DAC 24/192

Uscita max: 4Vrms XLR; 2Vrms RCA

Impedenza d’uscita: 200ohm XLR; 100ohm RCA

Risposta in frequenza: 20 – 20.000 Hz +/- 0,5 dB

TDH+N: <0,0015%; 4Vrms uscita bilanciata, 1KHz

Rumore d’uscita: 3,3nVrms pesato A 20 – 20.000Hz

Range dinamico: 122dB pesato A 20 – 20.000Hz 

Sezione analogica ADC 24/192

Ingresso max: 2,5Vrms RCA

Impedenza d’ingresso: 12kohm RCA

Risposta in frequenza: 20-20.000 Hz +/- 0,5dB

THD+N: 0,003%, 2,5 Vrms ingresso, 1KHz

Range dinamico: 110dB pesato A 20-20.000Hz

Sezione Cuffie

Uscita max: 138mW

THD+N: 0,0055% 35mW, 1KHz

Rumore d’uscita: 17Vrms, pesato A 20-20.000Hz

Generale

Dimensioni: 216x88x318mm LxAxP

Peso: 6,5kg

Distributore Italia: al sito Audio Point Italia

Prezzo di listino Italia alla data della recensione: 2.400,00 euro 

Sistema utilizzato: all'impianto di Giuseppe "MinGius" Trotto

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