Diffusori Atomica Duo

11.03.2025

Filosofia progettuale

Senza dilungarci troppo nel raccontare la storia o le persone che compongono Atomica, per questi approfondimenti rimando il lettore al sito ufficiale qui e all’articolo sulle Atomica Strato a firma del direttore di ReMusic qui. Voglio però solo soffermarmi su qualche considerazione inerente alla filosofia progettuale alla base delle scelte adottate per la realizzazione degli Atomica Duo e più in generale per tutti i diffusori del produttore umbro di Foligno.

 

Com’è arcinoto a tutti gli appassionati, un diffusore è composto da tre componenti principali che, insieme e in egual misura, concorrono al risultato finale: gli altoparlanti, il filtro crossover e il cabinet. In Atomica gli ultimi due sono orgogliosamente progettati e realizzati “in house”, ma i cabinet in particolare, sono la stella e la chiave di volta intorno alla quale ruota e si regge l’intera produzione del marchio.

Per costruire diffusori acustici è possibile utilizzare i più svariati materiali e, di fatto, negli anni così è avvenuto. Agli appassionati di più lungo corso sicuramente gli esempi non mancheranno. La scelta di Atomica non è estrema ma nemmeno banale. La potremmo definire al contempo tradizionale, si usa principalmente il legno. E al contempo moderna, perché lo si lavora con una perizia non comune utilizzando macchine di precisione per tutte le fasi di lavorazione, dal taglio all’incollaggio e, laddove non bastasse, lo si abbina al vetro cristallo e all’acciaio, per ottenere quelle caratteristiche meccaniche che il ricorso a un solo materiale non consentirebbe.

Non stupisce quindi apprendere – com’è facile costatare leggendo gli articoli tecnici a firma del loro progettista Daniele Melelli che potete trovare sul sito di Atomica – che il controllo delle risonanze e lo smorzamento dell’energia contenuta all’interno del diffusore siano ritenuti i principali aspetti da considerare per ottenere i migliori risultati acustici. Ecco quindi motivata la scelta di ricorrere al legno multistrato che, quando lavorato con estrema precisione, consente di ottenere ogni forma desiderata utile a migliorare e superare gli standard costruttivi utilizzati nella produzione dei cabinet tradizionali. Un esempio su tutti, i rinforzi interni che uniscono il baffle alla parete di fondo e che, nel caso specifico delle Duo, non è nemmeno più corretto definirli tali, in quanto non si tratta più di elementi costruttivi fisicamente separati ma solamente di alcune centine, vertebre, fra le tante che costituiscono nel loro insieme il mobile del diffusore stesso, che per specifica conformazione assolvono anche a questo compito aggiuntivo. Il miglioramento in termini di rigidità e resistenza alla deformazione raggiungibile grazie a un siffatto metodo costruttivo, influenza non poco l’efficienza e la resa acustica dei driver che si andranno a utilizzare, indipendentemente dalle loro caratteristiche tecniche, facendoci scommettere sull'ottenimento di un diffusore dalle spiccate doti di controllo, precisione e focalizzazione.

 

Ma, per dirla come la direbbe Henry Ford, tutto ciò sarebbe poca cosa se fosse appannaggio solo di pochi, ed ecco così che, ben consci dell’influenza che l’ambiente d’ascolto esercita sulle prestazioni dei diffusori, anche di quelli meglio progettati, quelli di Atomica se ne escono estraendo, non dal cilindro, ma dal condotto di accordo, il proprio coniglio: l’Atomica Reflex.

Si tratta di un dispositivo brevettato che a qualcuno farà magari storcere il naso, ritenendo che l’uso di tappi di gommaspugna sia un sistema più economico e parimenti efficace, ma che alla prova dei fatti si è dimostrato il classico uovo di Colombo. Chi come il sottoscritto non ascolta solo in un unico spazio – e la cosa accade indifferentemente sia per le recensioni che per l’ascolto personale – potrà constatare senza ombra di dubbio che si tratta di una delle intuizioni più geniali per adattare il diffusore all’ambiente senza ricorrere all’equalizzazione. Non sempre, ma più spesso di quanto si creda, accade infatti che innovando le piccole cose spesso si producano gli impatti più grandi.

 

Atomica Duo

 

Design e realizzazione tecnica

Il design degli Atomica Duo, seppur presenti numerosi particolari distintivi che contribuiscono non poco a determinarne l’aspetto finale, rientra appieno nell’imperante mainstream costituito da diffusori con ridotta impronta a terra, baffle frontale ristretto e maggior sviluppo in altezza.

Il costruttore li descrive come diffusori da piedistallo o da ripiano, per questo seconda possibilità occorre però subito chiarire che la superficie su cui andranno appoggiate dovrà essere in grado di sostenere un carico non indifferente. Niente mensole sospese quindi, ma elementi portanti di mobili e scaffalature da salotto. Ogni Atomica Duo pesa, nella versione con fianchi in vetro, poco meno di diciotto chilogrammi, in aggiunta la piastra d’acciaio che ne costituisce il basamento sporge in maniera pronunciata rispetto ai lati del diffusore così da rendere necessaria una superficie d’appoggio profonda almeno quaranta, quarantacinque centimetri al fine di distanziare il condotto d’accordo posteriore di una decina di centimetri dalla parete di fondo.

Personalmente, date le caratteristiche acustiche del diffusore, le vedo poco adatte a essere sistemate sul fondo di librerie o mobili da salotto, magari ai lati di schermi di proiezione o flat TV, molto meglio dove possibile prevedere una collocazione in aria libera optando per i piedistalli a loro dedicati.

 

Parlando di misure, gli Atomica Duo fanno segnare sessantacinque centimetri di altezza, diciassette centimetri di larghezza e poco più di ventidue centimetri di profondità misurati alla base del diffusore che poi rastrema di quattro centimetri alla sommità. A questi che sono gli ingombri del cabinet va aggiunto quello della piastra in acciaio sagomata, su cui si avvitano i piedini in gomma o le punte coniche, che ne determina il vero e proprio ingombro a terra di circa ventotto centimetri per lato.

Gli spessori molto variabili delle parti di legno che costituiscono il mobile sono ottenuti tramite l’impiego di pannelli multistrato di okumè e di betulla tagliati tramite macchine a controllo numerico e incollate fra loro fino a formare sandwich dello spessore desiderato. L’incollaggio, al fine di ottenere un materiale finale dalle proprietà meccaniche uniformi e che garantisca un’elevata stabilità nel tempo, è effettuato tramite l’uso di presse pneumatiche. Le lastre così ottenute, pur mantenendo una facile lavorabilità al taglio e alla fresatura, garantiscono un alto grado di resistenza meccanica con un'ottima tenuta all’avvitatura. La densità non particolarmente elevata dei legnami utilizzati – minore di quella del truciolare o del MDF – e le ridotte dimensioni del mobile hanno reso necessario l’impiego di espedienti al fine di aumentarne la massa finale. Oltre all’impiego dell’acciaio in sostituzione dell’abituale alluminio per i supporti, scelta condivisa da tutti i modelli da stand, per la costruzione dei fianchi si è optato per materiali aventi un peso specifico maggiore quale il vetro, come nel caso degli esemplari in prova, o il legno massello di frassino come per le Book 2 Fraxinus.

La scelta del vetro o del legno massello, oltre a un differente impatto sulla resa acustica del diffusore ne determina fortemente anche l’estetica, accentuandone gli stilemi d'ispirazione industriale particolarmente evidenti nella scelta dei materiali e nella conformazione dei piedistalli e della ferramenta utilizzata per l’accoppiamento agli stand. In entrambi i casi, sia che si opti per i fianchi in vetro che per quelli in frassino, il fissaggio è demandato a ben otto viti Torx. Personalmente avrei preferito un sistema di fissaggio più elegante, che nel caso del diffusore in prova poteva consistere nell’utilizzo di viti di colore nero a testa cilindrica che si sarebbero meglio accompagnate al colore scuro del vetro fumé e avrebbero ripreso la forma degli accessori di serraggio utilizzati per gli stand. A ogni buon conto il colpo d’occhio di cui si gode sbirciando all’interno è molto appagante, sia grazie all’estremo ordine dei cablaggi, realizzati in rame solid core con isolamento in cotone, sia per la curata realizzazione del filtro crossover. Quest’ultimo, oltre a una buona qualità complessiva dei componenti utilizzati – resistenze e condensatori Mundorf, avvolgimenti realizzati in house – si segnala anche per un assemblaggio particolarmente curato, che prevede il montaggio su di un supporto in materiale plastico fissato tramite quattro viti – e non incollato come fin troppo è dato incontrare anche in realizzazioni di blasonati costruttori – all’interno di un recesso della parete posteriore del diffusore ottenuto per sottrazione di materiale. Piccoli dettagli che testimoniano la derivazione artigianale del prodotto e il savoir faire tipicamente italiano nella costruzione dei cabinet che ha fatto la fortuna di più di un produttore nazionale.

 

Atomica Duo

 

Particolare attenzione merita il baffle a curvatura crescente a mano a mano che si scende verso la base del diffusore e che nella porzione che ospita i trasduttori vanta uno spessore di ben quaranta millimetri. Tale superficie è ottenuta dall’unione di più centine sagomate prodotte per taglio a CNC, incollate fra loro, e in seguito rifinite a mano per eliminare ogni imperfezione presente. Curiosamente, a differenza di analoghe realizzazioni, invece di fresare gli alloggiamenti per gli altoparlanti direttamente dal pieno così ottenuto, il progettista ha preferito asportare materiale dal frontale per ricavare un paio d'indentature in grado di accogliere una coppia di mascherine sulle quali avvitare gli altoparlanti. Costituite anch'esse di legno multistrato, questa volta di betulla, oltre a irrigidire e a disaccoppiare ulteriormente la struttura costituiscono una scelta estetica molto originale che movimenta il frontale e rende il design di questi diffusori ancora più personale e riconoscibile. Da segnalare infine che il tweeter è posto sul fondo di una svasatura di forma ellittica che, a differenza delle consuete guide d’onda oggigiorno molto in voga in diffusori assimilabili, non ne ingloba la flangia metallica ma si limita a circondarla lasciandone visibili le viti di fissaggio. Come spiegatomi dal loro progettista la ridotta profondità e inclinazione delle pareti è risultata essere quella più performante fra quelle sperimentate per migliorare la dispersione e l’allineamento temporale del componente.

 

Atomica Duo

 

Giunti a questo punto non resta che prendere in esame il retro del diffusore che, a differenza del frontale, è composto di un'unica superficie di legno ottenuta tramite l’incollaggio di tutte le centine che lo compongono. Qui trova posto, nella parte inferiore, il raccordo reflex che può essere tradizionale, oppure con sovrapprezzo, di tipo variabile. Quest’ultimo, che come abbiamo già avuto modo di rilevare rappresenta un brevetto di Atomica, consta di un tubo di accordo in materiale plastico che può essere regolato in lunghezza grazie a una cremagliera azionabile tramite la rotazione di una manopola posta sul fianco esterno del diffusore. È così possibile in maniera molto pratica e immediata ottimizzare l’emissione in gamma bassa dei diffusori in funzione delle caratteristiche dell’ambiente d’ascolto e della vicinanza alle pareti.

Salendo troviamo quattro massicci morsetti di collegamento in acciaio, anch’essi prodotti in house, che consentono il biamping e il biwiring. Per i collegamenti è possibile, secondo le preferenze personali, utilizzare sia banane che forcelle ma non cavo spellato. Oltre che massicci e ben realizzati sono anche generosamente distanziati, a tal punto che, in maniera del tutto inusuale, possono creare qualche problema con cavi di potenza il cui terminatore a forcella non sia particolarmente abbondante. Per accoppiare le linee di segnale si è fatto ricorso alle consuete sottili piastrine metalliche, che per le prove di ascolto ho provveduto subito a sostituire con ponticelli realizzati con cavo di buona qualità. Completano la dotazione due eleganti targhette metalliche incise: quella posteriore indicante le polarità dei collegamenti e l’impedenza nominale del diffusore, quella anteriore il nome del costruttore.

 

Una trattazione a parte meritano i piedistalli dedicati che Atomica ci ha fornito insieme ai diffusori. Come di prassi si tratta di un optional il cui acquisto avverrà per libera scelta del cliente. Occorre tuttavia osservare che, data la particolare forma della piastra metallica che costituisce il basamento del diffusore, l’eventuale abbinamento a stand di terze parti potrebbe non essere così efficace come con diffusori dal design più tradizionale.

In caso di sistemazione a terra – a mio avviso l’unico in grado di valorizzarne al meglio le caratteristiche acustiche – il ricorso ai piedistalli è da considerarsi imprescindibile.

Quelli proprietari sollevano il diffusore di circa quarantuno centimetri, così che il centro della cupola del tweeter si trovi a novantadue centimetri dal pavimento. Una volta seduto nel punto di ascolto in cui ho condotto le prove, l’altezza da terra del mio orecchio misurava fra i novanta e i novantadue centimetri, una scelta progettuale quindi perfetta per porre il diffusore nelle migliori condizioni di riproduzione per un ascoltatore di statura media seduto su di una poltrona o un sofà.

 

Prima di passare all’ascolto vero e proprio, un’ultima considerazione generale. Gli Atomica Duo sono proposti come diffusori bookshelf. A mio giudizio, considerando le dimensioni raggiunte dall’insieme diffusore più stand e l’impronta a terra decisa dall’imponente piastra metallica posta alla base, sarebbe più corretto considerarli dei tower e quindi annoverarli nella categoria dei diffusori da pavimento. Nonostante ciò e dopo numerosi ripensamenti ho deciso che, in considerazione del volume interno del diffusore e dei driver impiegati, fosse più corretto esprimere un giudizio basato sul confronto con diffusori dal volume interno ridotto e che utilizzassero trasduttori in numero e dimensioni comparabili. Di conseguenza le impressioni d’ascolto e le considerazioni che leggerete più avanti sono da riferirsi al confronto con diffusori bookshelf piuttosto che da pavimento.

 

Impressioni d’ascolto

Tutte le prove sono state eseguite utilizzando gli stand specificamente progettati per questi diffusori. Ciò nonostante, per mera curiosità, le ho anche ascoltate mettendole direttamente a terra utilizzando i piedini di gomma in dotazione. Come detto si è trattato solo di un esperimento dettato più dalla curiosità che dalla convinzione che una siffatta sistemazione potesse rivelarsi una concreta modalità d’utilizzo e in effetti così è stato. Anche sedendosi molto in basso e lasciandosi scivolare sulla poltrona per portare le orecchie all’altezza dei tweeter, il campo sonoro ricostruito non era verosimile, in particolare con le voci che parevano, quando andava bene, provenissero da interpreti che cantavano seduti.

Messa da parte la parentesi ludica e dotatomi di avvitatore elettrico, ho quindi posizionato i diffusori sui loro stand. Per farlo occorre un minimo di manualità, specie se non potrete contare sull’aiuto di un'altra persona, dato che le scelte estetiche operate dal progettista rendono l’operazione di montaggio non così scontata come potrebbe apparire a prima vista.

Le due piastre d'acciaio inossidabile di ben cinque millimetri di spessore poste alla base dei diffusori e alla sommità degli stand non vanno infatti avvitate fra loro appoggiandole direttamente l’una sull’altra, quanto piuttosto separate interponendovi dei cilindretti cavi, anch’essi in acciaio, al cui interno vanno infilate le viti con le quali collegare fra loro le due parti. Per evitare che il diffusore possa cadere dal supporto durante il montaggio è consigliabile utilizzare un qualche spessore, basta anche una semplice rivista di un paio di centimetri con cui sostenere il diffusore e distanziarlo quel tanto che basta per centrare in modo agevole i distanziali con i fori di montaggio prima di avvitarli.

Una volta terminata l’operazione, quello che si ottiene è un sistema molto stabile – e non potrebbe essere altrimenti vista la qualità dei materiali impiegati e il generale sovradimensionamento adottato – che garantisce ai trasduttori le migliori condizioni di funzionamento affinché possano esprimersi al meglio delle loro potenzialità.

Questi altoparlanti come già accennato sono componenti di serie, nello specifico un tweeter con cupola in Acuflex da ventotto millimetri dell’israeliana Morel, e un midwoofer da cinque pollici di diametro con cono in tessuto di polipropilene e rifasatore in plastica prodotto dalla norvegese SEAS.

 

L’ascolto infine è avvenuto in due ambienti differenti per dimensioni e caratteristiche acustiche: un open space di una trentina di metri quadrati abbastanza riflettente e uno studio di una ventina di metri quadrati piuttosto assorbente. Ho inoltre utilizzato sia il formato CD che la musica liquida proveniente da rete locale o streaming, mentre per quanto attiene all’amplificazione ho utilizzato indifferentemente valvole e transistor.

 

Libet e Lorentz erano liberi audiofili? E noi tutti lo siamo per davvero?

Il sempiterno dibattito filosofico sull’esistenza del libero arbitrio ha nel corso della storia, precocemente calamitato l’interesse di pensatori, filosofi, matematici, fisici. Da Sant’Agostino a San Tommaso, da Martin Lutero a Erasmo da Rotterdam per arrivare a Cartesio, Leibniz e Spinoza, il confronto è continuato e si è arricchito di nuove speculazioni, ma è stato alla fine dell’Ottocento che, con l’invenzione da parte di un italiano, Camillo Golgi, di una tecnica di colorazione utile a evidenziare la struttura del cervello umano, che il dibattito sul determinismo si è arricchito di un approccio scientifico e sperimentale.

Accade così che, nel 1964, con un esperimento molto famoso, lo psicologo e neurofisiologo statunitense Benjamin Libet, pioniere nella ricerca sulla coscienza umana, riesce a misurare uno scarto di circa cinquecento millisecondi fra l’istante in cui il nostro cervello prende la decisione di muovere un dito – senza la nostra consapevolezza – e l’istante in cui ci rendiamo conto di farlo. Il nostro cervello quindi ci ingannerebbe prendendo per noi decisioni di cui ci informerebbe solo in un secondo momento facendoci credere per tramite della nostra coscienza che tali atti sono il frutto di una scelta libera e consapevole, maturata in quel preciso istante?

 

Un termine che con un'accezione non sempre corretta è divenuto di uso piuttosto comune è quello di imprinting. Benché mi sia accaduto più di una volta di sentirmi dire che la parola derivi dal mondo del marketing – Konrad, abbi pietà di loro – in realtà si riferisce a un ben preciso concetto formulato dall’etologo e zoologo austriaco Lorentz. Nello specifico il termine indica un comportamento peculiare, riscontrabile preferibilmente negli uccelli ma comune anche ai mammiferi, per cui i neonati appena usciti dal guscio riconoscono come madre il primo oggetto in movimento di cui hanno contezza. A prescindere dalle finalità correlate alla sopravvivenza e alla conservazione della specie – il comportamento permetterebbe al cucciolo di riconoscere precocemente il genitore in modo da rimanergli vicino e diminuire così il rischio di essere attaccato dai predatori – ancora oggi in etologia con questo termine si indica una particolare forma di apprendimento precoce con cui un animale concentra la propria preferenza sociale nei confronti di un oggetto a cui è stato esposto subito dopo la nascita.

 

Ma che cosa c’entra tutto ciò con l’ascolto di un paio di diffusori? C’entra eccome, giacché decidendo di non ascoltare le parole di San Girolamo “dum excusare credis, accusas”, ovvero “mentre credi di scusarti ti accusi”, condivido con il lettore le mie convinzioni e conseguenti preferenze che consciamente o inconsciamente possono aver influito sulla mia obiettività di giudizio.

Una personalissima forma di “disclosure” intesa non tanto a chiarire il conflitto d’interesse derivante dalla divergenza fra interessi privati e obblighi professionali, quanto piuttosto quella fra radicati convincimenti personali e quanto realmente esperito con l’ascolto.

 

Tutto ciò per dire che, mentre ero ancora intento a estrarre i diffusori dai loro “insani” imballi – nel caso decidiate di acquistarli preparatevi a fare un po’ di body building – e mano a mano che le loro caratteristiche esteriori si palesavano, già mi trovavo a immaginare che tipo di suono avrebbero espresso. Una sorta di esercizio di frenologia spicciola applicato all'Alta Fedeltà!

 

Piccoli, a due vie, solidi come carri armati e che al pari dei loro supporti pesano come il piombo. Due soli altoparlanti di piccolo diametro ma sufficienti a riempirne il frontale. E, ciliegina sulla torta, sotto il vestito niente, nemmeno un centimetro quadro di materiale fonoassorbente. Come potranno mai suonare? Ultra precisi, composti ed educati ma anche ultra noiosi? Oppure esuberanti e dinamici tanto da risultare sfrontati perché intenti a fare il verso ad altri più dotati avversari?

Nella mia vita di audiofilo impenitente e nelle case dove ho vissuto, hanno trovato posto indifferentemente il bianco e il nero, il diavolo e l’acqua santa. Sono passato da diffusori ingombranti a diffusori minimali per poi ritornare a quelli ingombranti. Dai multivia o monovia ai sistemi composti da satelliti e subwoofer. Ma, premesso che possiedo e ascolto con più di una coppia di diffusori perché non credo esista lo speaker perfetto, ho con gli anni comunque maturato la convinzione che le dimensioni contino e che la felicità audiofila abiti dalle parti in cui convivono dei woofer da almeno dodici pollici, una cassa chiusa di adeguate dimensioni e un’efficienza di almeno novanta decibel.

Ora, giacché i diffusori in prova non condividono con il mio speaker ideale nessuna di queste caratteristiche, non significa per questo che debbano suonare necessariamente peggio, piuttosto suoneranno in maniera differente. E così in effetti è accaduto.

 

La caratteristica che fin dai primi minuti colpisce l’ascoltatore e che fa sì che questi diffusori non passino inosservati – non si fa qui riferimento alla loro estetica – è la loro personalità.

Quella degli Atomica è però una personalità complessa, sfaccettata e mutevole, così che, se da un lato è facile ammettere di esserne fin da subito attratti, dall'altro sarà assai più difficile dire il perché.

 

Tant pis, tant mieux

Con buona pace del loro progettista posso affermare che da questi diffusori mi sarei aspettato di più e al contempo anche molto meno. Ma, come ci insegnano i francesi che paradossalmente quanto più le cose vanno male meglio è per rompere gli schemi e giungere più rapidamente alla soluzione di un problema, anche gli Atomica Duo hanno il loro ingrediente segreto per riuscire nella loro personale quadratura del cerchio. Quale questo sia, l’ho già accennato, è difficile dirlo. Per il sottoscritto sicuramente molto del risultato finale è merito dell’immediatezza e facilità con cui questi diffusori sono in grado di ricreare una tangibile illusione di profondità. Su quest’aspetto torneremo più avanti perché la sua magnitudo è qui così grande che di rado è dato incontrarla. Nulla mi toglie dalla testa che un così evidente risultato è in gran parte dovuto alle caratteristiche progettuali e realizzative del cabinet di questi diffusori, tanto da spingermi ad affermare che questo surclassi e non di poco le qualità intrinseche dei driver impiegati. Dico questo perché, se da un lato ero propenso a scommettere in una certa sterilità in bassa frequenza in virtù delle limitate dimensioni del midwoofer impiegato, dall’altro ero pronto ad aspettarmi un'estrema raffinatezza in quelle alte da parte del tweeter. In entrambi i casi ho dovuto in parte rivedere le mie attese.

I bassi ci sono, e in alcune porzioni dello spettro caratteristiche di alcuni generi musicali sono anche abbondanti, mentre in alcuni frangenti e con alcuni strumenti è avvertibile un lieve accenno d’asprezza da parte del tweeter.

 

Senza voler qui stilare una classifica su quale componente della catena di riproduzione audio influisca di più sul risultato finale – al netto ovviamente della bontà del software utilizzato: vinile, CD, liquida e chi più ne ha ne metta – è probabile che il pensiero di molti vada immediatamente ai diffusori acustici. A tal proposito val la pena riflettere sul fatto che al pari di qualunque componente audio, con l’acquisto di un paio di diffusori appartenenti a una specifica tipologia di prodotto, in questo caso quella dei diffusori bookshelf, oltre ai pregi e ai difetti della categoria a cui essi appartengono, di fatto si acquisti anche la vision del loro progettista e con essa la sua personale interpretazione dell’evento musicale riprodotto. Per questo motivo, prima di passare a parlare di quale sia il campo d’impiego più congeniale a questi diffusori, può essere utile prendersi un po’ di tempo per spacchettarne le prestazioni in gamma mediobassa e medioalta e concentrarsi conseguentemente anche sugli altoparlanti utilizzati.

 

A beneficio di chi valuta la bontà di una coppia di diffusori esclusivamente dalla quantità di bassi che riescono a riprodurre, dico subito che le Atomica sono tutto fuorché casse con poco basso.

La loro competenza in tal senso è assolutamente fuori discussione. Ovviamente la loro resa varierà in funzione del genere musicale e degli strumenti musicali impiegati e con essa anche il grado di apprezzamento dell’ascoltatore.

Dove il piccolo midwoofer da cinque pollici offre il meglio di sé, è con la musica pop, funk, jazzy in cui è facile incontrare un basso elettrico suonato in slap. A dispetto di un’efficienza dichiarata di 88 dB le Atomica già a volumi di ascolto non troppo elevati sono in grado di riempire la stanza e, complice una spiccata propensione dinamica, catturare l’attenzione dell’ascoltatore con un riuscito mix fatto di ritmo e sostanza, tanto che in un paio di occasioni mi sono ritrovato a mimare la linea di basso o il riff di chitarra che stavo ascoltando.

Ma è un po’ con tutta la musica ricca di groove che questi diffusori sanno esprimere il meglio di sé. Dategli in pasto musica contraddistinta da ritmo ed escursioni dinamiche e di certo non rimarrete delusi.

Per gusto personale non amo particolarmente le unità mediobasso di piccole dimensioni specialmente se realizzate con coni in materiale composito o trattato. Nel caso di questo piccolo componente con cono in polipropilene di SEAS devo però ammettere che, per quanto concerne il basso elettrico, è risultato sempre in controllo e ha saputo tratteggiare dei transienti d’attacco verosimili per velocità e intensità.

Se vi piace la musica di Larry Graham, Les Claypool o Marcus Miller, tanto per citare i primi nomi che mi vengono in mente, troverete pane per i vostri denti.

Analoghe considerazioni valgono anche per la batteria, che appare quantitativamente sempre piacevolmente presente a patto che la registrazione sia stata condotta con perizia. Da buono a ottimo il timing, che consente di seguire facilmente la sequenza degli accenti, delle pause e delle variazioni d'intensità presenti nel brano riprodotto. Parlando invece del corpo della grancassa, soprattutto di quella utilizzata nel rock, va da sé che non possa competere con quella riprodotta da diffusori dotati di trasduttori dedicati e di maggior diametro, ma se ne apprezza comunque un generoso kick, qui ben supportato da un tweeter particolarmente esuberante e in grado di distogliere l’attenzione dell’ascoltatore da un’oggettiva esilità in gamma 50-60 Hz dove si trova il thump della cassa. Dopotutto cinque pollici son pur sempre solo cinque pollici!

 

Per chi volesse comunque “boostarle”, troverà nell’Atomica Reflex un valido alleato. Senza ovviamente stravolgerne le prestazioni potrà con la semplice rotazione di una manopola variarne lo smorzamento di ben sei decibel, adattandole con estrema facilità al proprio gusto personale e alla stanza.

In tutti i miei ascolti ho preferito tenere il condotto chiuso o quasi completamente chiuso. Solo con la musica più ricca di sub bass quale il dubstep, l’EDM o il Drum’n’Bass e nell’ambiente d’ascolto più ampio, ho dato più “gas” aprendo il condotto a circa metà corsa. In ambienti più piccoli la cosa non si rende necessaria e la quantità di basse frequenze dovrebbe bastare anche a chi vorrebbe collegare un subwoofer al citofono di casa.

Attenzione però a non esagerare, in particolare occorre fare attenzione con la musica che, come certa elettronica ricca di più layer di sinth, contiene attorno ai 250-800 Hz molto segnale. In questo caso Il rischio che il medio diventi fangoso e rimbombante, specie se l’ascolto avviene a volume sostenuto, è un’eventualità tutt'altro che remota. Meglio propendere per una riproduzione in cui il basso sia appena un poco smagrito piuttosto che ridurre il volume d’ascolto, ne guadagneremo in pulizia generale e intelligibilità delle voci e se ne avvantaggerà anche la scena che, come di norma per diffusori di media efficienza, tende a restringersi al diminuire del volume d’ascolto.

Più in generale, se vogliamo aprire tutto il condotto reflex per pompare il più possibile, possiamo farlo, ma dobbiamo prestare attenzione alla qualità della musica utilizzata. Se lo facciamo per dare più grip al basso di Six blade knife dei Dire Straits o a quello di Wrapped around your fingers dei Police, nessun problema. Ma con musica molto compressa come quell’odierna meglio accontentarsi di meno o ricorrere all’uso di un subwoofer, ma questo è ovviamente un altro discorso.

 

Passando alla musica acustica e al jazz, la resa generale rimane pressappoco la stessa, quindi molto buona sia per quanto attiene la dinamica che la risposta ai transienti e l’articolazione.

Nelle registrazioni più accurate in cui compaiano i migliori interpreti dello strumento, il contrabbasso potrà apparire talvolta appena povero di corpo all’estremo inferiore. Piuttosto che nel pizzicato la cosa si nota più facilmente nelle note sostenute quando lo strumento è suonato con l’archetto. Tutto sommato qualcosa che non disturba più di tanto con il jazz – ho trovato ottima sia la riproduzione del contrabbasso di Fioravanti in Bass Blues tratto dall’album Basso e Contrabbasso dell’omonimo sassofonista astigiano che quello suonato da Charlie Haden in Ellen David tratto da Closeness – ma può risultare più evidente con la musica da camera e la classica in genere.

 

Occupandoci ora delle medie e alte frequenze e volendo continuare ad analizzare il contributo individuale di ciascun altoparlante sul risultato finale, non ci si può esimere dal considerare anche le caratteristiche del filtro crossover.

Senza farla troppo lunga e pur avendo verificato la bontà delle scelte effettuate – al fine di ottenere un diffusore particolarmente vivace e prestante – personalmente avrei preferito un taglio più alto del tweeter.

Negli Atomica Duo quest’ultimo è invece sempre oltremodo presente e la frequenza d'incrocio piuttosto bassa, appena sopra il doppio della frequenza di risonanza del componente, lo rende il vero protagonista di questo diffusore. Altri produttori condividono con Atomica la stessa filosofia progettuale, il primo nome che mi viene in mente è Amphion, ma, se da un lato questa scelta progettuale favorisce caratteristiche di presenza e chiarezza di riproduzione, dall’altro, soprattutto nell'intervallo di frequenze che va dai 1.500 ai 2500 Hz, così tanta esuberanza può comportare anche un po’ di fatica d'ascolto.

 

Durante tutte le mie prove e con i brani che ascolto abitualmente la cosa non si è mai verificata in maniera particolarmente evidente, ma con molte produzioni mainstream di musica pop l’aspetto di cui sopra non andrebbe trascurato, specie se si è soliti ascoltare a volume sostenuto. Per dirla in altra maniera, gli Atomica non sono diffusori universali, a loro non si può chiedere di suonare tutto allo stesso modo. Solitamente i diffusori che in questo riescono meglio sono quelli che non eccellono in nulla e che sono caratterizzati da una qualità complessivamente inferiore. Qui, come ricordato, già dopo pochi minuti che li ascoltiamo ne veniamo completamente catturati. L’attenzione che questi diffusori pretendono e che sono in grado di ottenere dall’ascoltatore com’è facilmente intuibile è al tempo stesso il loro più grande pregio e il loro più grande limite. Per fare un paragone culinario non si può pasteggiare tutti i giorni a Sauternes e foie gras!

Ma se siete alla ricerca di un diffusore capace di calamitare la vostra attenzione grazie a un’indiscussa personalità, una dinamica convincente e una non comune capacità di estendere in senso prospettico il palcoscenico virtuale ricreato, gli Atomica Duo sono esattamente quello che stavate cercando.

 

Vi avevo anticipato che saremo tornati a occuparci di spazialità e adesso quel momento è finalmente arrivato. Se come il sottoscritto siete propensi ad attribuire notevole importanza a questa caratteristica, è possibile che questi diffusori possano porre la parola fine alla vostra personale ricerca del Sacro Graal.

Di tutte le loro non poche virtù questa è senza dubbio quella più evidente e per certi versi più disarmante, in quanto godibile “out of the box”. Se con altri diffusori occorre un periodo più o meno lungo di apprendistato per trovare la giusta collocazione in ambiente che gli consenta di ricreare un palcoscenico virtuale spazialmente plausibile, con le Duo questo avviene senza sforzo. In entrambi gli ambienti d’ascolto da me utilizzati, quasi senza apprezzabili variazioni nella disposizione, ho subito ottenuto la scomparsa fisica dei diffusori e una profondità di palcoscenico che di rado mi è capitato di ascoltare.

Un'altra caratteristica estremamente positiva è data dallo sweet spot abbastanza allargato, che permette una maggior tolleranza nel posizionamento del punto di ascolto. Personalmente ho trovato che la collocazione ideale fosse un mid/nearfield che disegnasse un triangolo isoscele con i diffusori a 1,8 m fra loro e distanti 2,1 m dal punto d’ascolto, così da incrociare la linea ideale tracciata dai tweeter appena dopo la testa dell’ascoltatore. In questa maniera, oltre a ottenere una buona estensione spaziale sia in larghezza che in profondità, sono riuscito anche a mitigare l’esuberanza del tweeter a tutto vantaggio della piacevolezza d’ascolto. A ogni buon conto va detto che anche il suo contrario, ossia fare incrociare i tweeter appena prima della testa dell’ascoltatore, specialmente con la musica rock e con l’Atomica Reflex aperto per metà ha dato ottimi risultati. Convincente anche lo sviluppo in altezza del fronte sonoro, che si avvantaggia del perfetto posizionamento del tweeter, che nel mio caso si trovava alla stessa altezza da terra del mio orecchio. Le voci, sia quelle maschili che femminili, mi hanno sempre dato l’illusione di provenire da una posizione sopraelevata così come accade quando si è seduti in prossimità del palco.

Eccellente infine il pinpointing. Per chi come il sottoscritto ascolta molto in cuffia è stato particolarmente gratificante riscontrare un'elevata concordanza fra la disposizione spaziale di voci e strumenti derivante da questo tipo di ascolto e quello prodotto da questi diffusori.

 

Venendo al dettaglio, quello restituito è elevato pur senza porsi ai vertici della categoria. Per filosofia progettuale questi diffusori propendono per una maggior musicalità piuttosto che un'esasperata analiticità e questo è un bene. Le scelte effettuate in fase di progettazione puntavano a ottenere un prodotto capace di emozionare piuttosto che disvelare i più reconditi dettagli contenuti nelle registrazioni e dopo averli ascoltati posso testimoniare che l’obiettivo è stato pienamente raggiunto. Per verificarlo basta ascoltare registrazioni non troppo accurate, dove con interpreti dalle sibilanti assai pronunciate queste ultime non sono così fastidiose come nel caso di trasduttori capaci di risolvere una maggiore quantità di dettaglio. Nel complesso la resa del tweeter Morel nell’implementazione di Atomica è senza dubbio riuscita. La resa delle voci, soprattutto di quelle femminili così come quella degli strumenti a corda, è sempre di ottimo livello, con una menzione particolare per la chitarra elettrica – del basso elettrico abbiamo già ampiamente parlato – che in più di un’occasione mi ha colpito per intensità, dinamica e ricchezza tonale.

Se proprio devo muovere un appunto, l’unico, è riguardo alla riproduzione del crash e del ride della batteria, in particolare quest’ultimo risulta meno scintillante e con un sustain ridotto rispetto a quanto sono abituato ad ascoltare. Saltuariamente anche il decadimento di altri strumenti appare abbreviato, ma si tratta di sfumature che si apprezzano solo con la musica da camera o il jazz e che con altri generi musicali è assolutamente irrilevante.

 

Considerazioni finali

Gli Atomica Duo sono diffusori che, in virtù di scelte progettuali ben precise, esprimono una spiccata personalità. Al netto delle preferenze personali, sia esteticamente che costruttivamente ci troviamo al vertice della categoria. L’impiego di materiali pregiati – una curiosità, l’acciaio dei piedistalli è dello stesso tipo di quello impiegato per costruire la guglia del Chrysler Building a New York – così come la precisione delle lavorazioni o la scelta di autoprodurre alcune parti – i binding post o gli induttori utilizzati nel filtro crossover – partecipano in egual misura a fare di questi diffusori un prodotto estremamente raffinato che si rivolge a un pubblico di intenditori alla ricerca di qualcosa di differente e per certi versi esclusivo. Alla stessa maniera anche dal punto di vista prestazionale non ci troviamo al cospetto di un diffusore bookshelf dal suono omologato, al contrario. Per questo motivo, se da un lato non potrebbero costituire gli unici diffusori con cui ascoltare tutti i generi musicali che mi piacciono, dall’altro rappresenterebbero un allettante aggiunta a quanto già posseduto. Come più volte rimarcato l’abilità non comune di ricreare l’illusione di essere trasportati nei luoghi in cui l’evento musicale si è consumato è da sola più che sufficiente per deciderne l’acquisto da parte di molti appassionati che come il sottoscritto considerano quest’aspetto di primaria importanza.

Come per la quasi totalità dei diffusori anche in questo caso non ci troviamo al cospetto di uno speaker all-rounder, ma se prediligete la musica pop, funk o R&B, purché tecnicamente ben registrata, non rimarrete delusi. Volete il punch? Lo avrete, il groove? Tutto quello che il vostro amplificatore saprà darvi. Il ritmo? Mettetevi le ciabatte quando ascoltate, altrimenti se abitate in un condominio il vicino del piano di sotto verrà a bussarvi alla porta!

Se invece ascoltate prevalentemente rock o musica da camera può essere che con il primo possa mancarvi un poco di ciccia sulla grancassa e con la seconda qualche microdettaglio di un violino o di un flauto. Nulla che per i più possa costituire un deal breaker all’acquisto ma che per qualcuno potrebbe essere motivo d'incertezza.

 

Il mercato dei diffusori bookshelf offre una scelta pressoché infinita di modelli fra cui è possibile trovare quello dalle caratteristiche più confacenti ai propri gusti. Si va da esemplari di dimensioni estremamente contenute ad altri dall’ingombro paragonabile a quello dei diffusori da pavimento.

Sotto quest’aspetto mi sento di accomunare gli Atomica Duo più a questi ultimi piuttosto che ai classici diffusori da stand con mobile a parallelepipedo di scuola inglese.

Se in conformità a queste considerazioni abbia più senso dirottare la propria scelta su di un diffusore da pavimento ognuno di noi avrà la propria personale risposta. Indubbiamente data la non trascurabile impronta a terra e altezza complessiva, con un ingombro paragonabile sarebbe possibile optare anche per soluzioni a torre di litraggio superiore che impiegano trasduttori per le basse frequenze di maggiore diametro.

 

Per finire, un'ultima considerazione riguardo al costo. Per prassi non chiedo anticipatamente il prezzo di vendita dei prodotti che recensisco e solo terminate le prove ne faccio richiesta al produttore o al distributore. Nel caso dei diffusori in prova il prezzo d'acquisto non è ancora disponibile e sarà comunicato nel mese di marzo di quest’anno, per questo motivo al termine dell’articolo non troverete il consueto voto espresso tramite il farewell index.

 

*Il Farewell index, FI, esprime quant’è doloroso per il recensore il distacco dalle apparecchiature in prova al momento della loro restituzione. I valori di questa scala vanno da un minimo di 0 o “nessun rimpianto” a un massimo di 5 “se me lo posso permettere lo compro!”.

 

Software utilizzato

A Perfect Circle - eMOTIVe

AC/DC - Back in Black

Adam Harasiewicz - Frédéric Chopin: Preludes & Etudes & Other Works

Archie Shepp Quartet - Blue Ballads

Arooj Aftab - Vulture Prince

Baba Blues - Glimmer Of Gold

Baby Rose, Badbadnotgood - Slow Burn

Benjamin Lackner - Spindrift

Dire Straits- Dire Straits

Dream Theater - Awake

Erik Deutsch, Theo Bleckmann, Sly5thAve - Reason

Festetics Quartet - Haydn: String Quartets Nos. 11-16, Op.9, Nos 1-6

FKA Twigs - EUSEXUA

Ghemon - Una cosetta così

Gilad Hekselman - Life, At Village Vanguard

Gryphon Trio - Great Piano Trios

Houston Person - Reminiscing at Rudy’s

Jacintha - Here’s To Ben (A Vocal Tribute To Ben Webster)

Jethro Tull - The String Quartets

John Lee Hooker - Anywhere Anytime Anyplace

Khruangbin - A LA SALA

Lianne La Havas - Bittersweet

Marcus Miller - Free

Marilyn Manson - Heaven Upside Down

Mark Hollis - Mark Hollis

Masha Qrella - Luck

Nine Inch Nails - Pretty Hate Machine

Piers Faccini, Ballaké Sissoko - Our Calling

Queen Of The Stone Age - Villains

Steely Dan - Two Against Nature

Stefano Bollani Trio - Falando De Amor

Sun & Rain - Waterfall

Surya Botofasina - Ashram Sun

Tamàs Vàsàry - Liszt: Piano Works

The Police - Synchronicity

Tiziana Ghiglioni, Enrico Rava, Mal Waldron - I’ll Be Around

TOOL - The Pepsi Challenge

 

 

Caratteristiche dichiarate dal produttore

Tipologia: sistema di diffusore passivo a due vie con possibilità di biwiring o biamping

Cavi accettati: forcelle o banane

Trasduttori: woofer da 16cm in fibra di polipropilene con cestello estruso, tweeter da 28mm con cupola in Acuflex e bobina mobile in alluminio

Caricamento: reflex con Q da regolabile a cassa chiusa, se equipaggiato con Atomica Reflex

Impedenza nominale: 8ohm

Impedenza minima: 5,35ohm; 6,39ohm a 1kHz

Potenza massima in entrata: 250W

Risposta in frequenza: 35-25.000Hz in ambiente tipico

Efficienza: 88dB 1W/1m

Dimensioni totali: 26x65,5x28,6cm LxAxP

Peso: 17,5kg

Extra: piedistalli dedicati e ad altissima stabilità in legno e acciaio AISI 304; 37,5x41x37,5cm LxAxP

 

Distributore ufficiale Italia: distribuzione diretta, al sito Atomica

Prezzo Italia alla data della recensione: non disponibile

Sistema utilizzato: all’impianto di Paolo Mariani

Torna su

Pubblicità

Is this article available only in such a language?

Subscribe to our newsletter to receive more articles in your language!

 

Questo articolo esiste solo in questa lingua?

Iscriviti alla newsletter per ricevere gli articoli nella tua lingua!

 

Iscriviti ora!

Pubblicità