Diffusori Tuscanini Acoustics Auge

16.10.2018

Il termine alta fedeltà può essere interpretato in diversi modi. Non sto parlando degli apparati di riproduzione audio in senso lato, parlo proprio della nicchia di apparecchi che interessano i lettori di ReMusic, quindi di progetti dedicati ad appassionati che li valutano con attenzione e li pagano di conseguenza. Bene, anche in questo ristretto ambito gli audiofili hanno diverse opinioni su che cosa veramente sia l’alta fedeltà e cosa invece sia un surrogato a volte insopportabile: è anche divertente sentire tutte queste argomentazioni e in alcuni casi si sconfina in una fede quasi religiosa su cosa si debba fare per arrivare al “miglior suono possibile”.

D’altronde non c’è uno standard che stabilisca cosa si debba misurare per definire un apparecchio Hi-Fi – una volta c’erano le norme DIN ma erano ridicolmente inutili – e quindi le opinioni personali hanno licenza di essere prese per metro di giudizio. Questo si estende anche agli addetti ai lavori: i progettisti ovviamente hanno le proprie idee e difficilmente le cambiano, i distributori e gli importatori hanno anch’essi le loro idee solo che spesso le cambiano nello stesso momento in cui cambiano i marchi che distribuiscono e i anche i recensori non fanno eccezione, ma sono più smaliziati e in genere non si “innamorano” di una tecnologia o di una tipologia specifica. Spesso i recensori, io di sicuro, utilizzano le proprie orecchie e il proprio impianto per stabilire il “valore in alta fedeltà” di un apparecchio. È un metodo molto soggettivo ma, se è utilizzato con attenzione e con autocritica, comunque funziona. Tuttavia, anche tra i più esperti c’è sempre una piccola quantità di pregiudizio dettato dalle proprie esperienze: qualcosa che fa pensare “questo promette bene” o “promette male” ancor prima di ascoltarlo. Per qualcuno sono le valvole e il pensiero è che se non ci sono già incominciamo con il piede sbagliato, per altri le dimensioni dei diffusori o la loro efficienza e così via. In queste categorie ci sono le sottocategorie e una delle più suggestive, o almeno lo era qualche tempo fa, è quella che schiera uno contro gli altri i fautori di una specifica tipologia di diffusori e altoparlanti: tradizionali a cono in cassa chiusa o reflex, a tromba, oppure a dipolo o planari. Questi ultimi siano essi elettrostatici, a nastro o isodinamici.

Io purtroppo, o per fortuna, non ho molti pregiudizi tecnici, l’esperienza mi ha insegnato che in ogni tipologia ci sono prodotti eccellenti e pessimi. La mia debolezza è invece il propendere verso apparecchi di cui so qualcosa del progettista: se è uno bravo o meglio se è uno che mi convince, visto che per definizione sono tutti più bravi di me,sono ben disposto, invece se non capisco le sue teorie inizio a diffidare e talvolta sbaglio.

 

Tutto questo per dire che per queste Tuscanini Acoustics Auge sono molto ben disposto e spero tanto di non sbagliarmi…

 

Sono costruite in Italia, a Firenze, da Gianluca Mazzetti per la parte tecnica, che le ha progettate sulla base della sua esperienza di tanti anni passati a riparare e ricostruire le Magneplanar danneggiate, e Yari Severini per gli aspetti di immagine e comunicazione. Tutte le Tuscanini, tranne l’interessante eccezione Sonetto, sono dei diffusori con altoparlanti planari isodinamici che utilizzano lo stesso sistema utilizzato dalle prime Magnepan Magneplanar, con qualche differenza pratica che poi spiegheremo. A dire il vero le Magneplanar attuali utilizzano la tecnologia quasi-ribbon, che però, al di là delle brochure pubblicitarie, differisce di poco dalla precedente.

Il concetto non è nuovo, ha almeno cinquant’anni e il brevetto originale, almeno per quel che riguarda l’Italia, è scaduto. L’idea di base era quella di creare un altoparlante planare che non avesse tutte le limitazioni dei pannelli elettrostatici. La difficoltà stava – e sta – nel creare un campo magnetico costante in cui far vibrare una membrana di grandi dimensioni. Quindi disporre i magneti in modo che generino un campo orientato sempre nello stesso verso e con la medesima intensità in uno spazio sufficientemente grande per contenere un pannello.

 

L’altoparlante planare isodinamico è questo: un pannello plastico, perché insensibile al campo magnetico, su cui sono stampate delle piste o incollati dei fili percorsi dal segnale musicale. Questi fili sono spinti in un verso o nell’altro dalla forza elettromagnetica generata dalla corrente elettrica nel campo magnetico. Loro si muoveranno ma essendo incollati alla membrana la faranno oscillare spostando l’aria circostante creando così l’onda sonora. Semplice a dirsi, molto meno a farsi. Le figure seguenti spiegano, grossolanamente, quello che succede.

Fig. 1 La figura 1 mostra un “banale” magnete con le sue linee di flusso che si chiudono nei due poli.

Fig. 2

La figura 2 mostra che due magneti contrapposti, sul medesimo polo, si respingono e le linee di flusso non si concatenano, al massimo si deformano, schiacciandosi.

Fig. 3

La figura 3 è più interessante, alla coppia di magneti della figura 2 se ne affianca un'altra ma con polarità opposte, le linee di flusso ora si concatenano e dal polo N si vanno a chiudere sul polo S della coppia attigua: le linee appaiono distese e, in realtà, se il sistema è ben realizzato saranno uniformi e di pari forza, cioè isodinamiche.

Fig. 4

La figura 4 mostra dove va messa la membrana di plastica e dove, su di essa, vanno messi i conduttori di rame o altro: in quella zona il campo magnetico è uniforme e il “circuito” viene spinto dalla forza elettromagnetica in modo proporzionale al solo flusso di corrente generato dal segnale musicale.

 

Questa appena descritta non è la sola configurazione possibile, ce ne sono altre che consentono di ottenere il campo uniforme nello spazio tra i magneti contrapposti o ancora altre in cui di magneti contrapposti non ce ne sono affatto.

Come dicevamo, questo è il concetto base, ma la realizzazione pratica fa tutta la differenza possibile: il numero e la dimensione dei magneti; la loro forza; la distanza tra di loro;  il numero e la disposizione dei conduttori nella zona di campo uniforme e qui Tuscanini ne usa due e in una configurazione che deriva da anni di prove; il materiale con cui è costruito il diaframma e le sue dimensioni; in che modo è ancorato al telaio e, non ultima la sua tensione di tiraggio, nel senso meccanico del termine. E questi sono solo alcuni dei parametri in gioco, per non parlare della precisione della costruzione o della uniformità delle caratteristiche dei magneti o dello spessore della membrana.

Ottimizzati questi parametri si ha un altoparlante con caratteristiche uniche. Chi conosce le Magneplanar, sia le “vecchie” che le nuove, sa che si tratta di un diffusore per certi versi straordinario, se ben posizionato nell’ambiente adatto. Con la giusta amplificazione producono un suono al tempo stesso naturale e analitico, con una ricostruzione dello spazio, un’immagine, veritiera sia in termini di estensione, profondità e dimensioni. Suonano bene: dettagliate e piacevoli, la scena è grande ma giusta. Queste caratteristiche le si pagano in soldi, dimensione del mobile, in termini di visibilità, e purtroppo  in una certa fragilità che impedisce il raggiungimento di elevatissimi volumi sonori, anche se l’aggiunta di due subwoofer o dei moduli appositamente progettati dalla Magnepan stessa, aiuta a sistemare questa cosa. Tra gli audiofili c’è chi le adora e non le cambierebbero con niente altro. Però, come da premessa all’articolo, troviamo altri che invece le “odiano”: dicono che sono troppo analitiche al limite del fastidioso, idiosincratiche con il posizionamento in ambiente e timbricamente schizzinose con gli amplificatori finali. Diciamo che il mondo è bello perché è vario.

 

Abbiamo fin qui parlato delle Magneplanar e, vista la similitudine, ci sta: ma le Tuscanini? Loro sono gemelle diverse: condividono la stessa tecnologia e la stessa impronta musicale di base ma nei particolari si discostano e alla fine suonano con un timbro originale. Per scelta progettuale, la disposizione dei magneti e dei conduttori sono diverse dalle Magneplanar, come lo è la membrana in mylar: e il risultato è che sono timbricamente più “maneggevoli”. Questa “maneggevolezza” non si estende all’ingombro o alla necessità di porre attenzioni a disporle bene in ambiente, ma perché sono anche più facili da ascoltare: sono più morbide nei medi e negli acuti e hanno, a orecchio, un’ottava in più nei bassi.

 

Le Auge non sono piccole, sono alte 182 cm e larghe 67,5 e solo la loro profondità di 3 cm aiuta parzialmente a diminuirne l’impatto visivo. Per definizione sono diffusori per stanze di grandi dimensioni perché serve spazio dietro ai diffusori. Ma anche se possono suonare bene in ambienti più piccoli, occorre perdere tempo per cercare il miglior compromesso: sono dei dipoli e le onde riflesse hanno un notevole impatto – diciamo che è tutto! – sulla qualità finale dell’ascolto. Fortunatamente Mazzetti è sempre disponibile a fornire preziosi consigli.

 

Passando alla descrizione tecnica, abbiamo che le Auge sono a due vie con un pannello dedicato a medio-bassi di 150 x 24 cm e uno, più piccolo di 85,5 x 3 cm per gli acuti. Nel manuale è riportata la frequenza di taglio che è “inconsueta”: 800 Hz per il passa basso del primo ordine e 10 kHz per il passa alto del secondo ordine. Se pensiamo al BBC dip qui siamo di fronte a un canyon di frequenze, ma come al solito non è la sola teoria a far vere le cose e la risposta in frequenza dichiarata è lineare entro più o meno 3 dB da 29 Hz a 21 kHz: cioè piatta ed estesa come pochissimi altri diffusori. Il loro crossover è contenuto in una elegante scatolina e consente la connessione in biwiring e in biamping. Nel sistema che abbiamo provato c’era anche uno switch che consentiva di modificare l’emissione del tweeter bypassandone la resistenza in serie, cosa che spero possa essere mantenuta perché cambia abbastanza il timbro.

 

Le Auge sono un prodotto artigianale, la stessa Tuscanini lo dichiara esplicitamente nel proprio sito e quindi sono costruite in pochi esemplari con i vantaggi – ognuna è controllata alla perfezione – e i pochi difetti – può esserci qualche differenza estetica e di montaggio – che questa cosa comporta. L’utilizzo di plastica è ridotto al minimo e le strutture, sia interne che esterne, sono in legno. La cornice è in legno massello, qui trovate la brochure con le varie essenze e colori in cui possono essere realizzate e, alla fine, nonostante le dimensioni risultano eleganti.

 

Le abbiamo ascoltate a lungo nella sala di ascolto di Pietro Mazzagatti, amico e collaboratore ReMusic, che ringrazio. Tale sala accoglie normalmente un paio di Magneplanar 3.6r, quindi la situazione ideale per ascoltare le Tuscanini Auge. Il resto dell’impianto, anch’esso pensato per accompagnare il suono delle maggies, è composto dal sempreverde Teac P700 seguito da un DAC Audio Alchemy DDE V1.0. La coppia pre e finale è un progetto ad hoc di Audiosophia costituito dal pre a tre stadi PL-MV9R con valvole E88CC e 6BK7 e due finali mono single ended PR/PM01 con singola valvola 50S45T ciascuno, la versione ungherese della potentissima e più nota GU-81M russa. Si sono alternati anche il DAC DiDiT DAC212 e i finali Trends Audio TA-10.2P ed Electron Kinetics Eagle 2a con modifica EKSC, provenienti dal mio impianto o da quelli di altri amici e redattori ReMusic. Cavi in abbondanza e posizionamento dei pannelli continuamente aggiustato per sintonizzare al meglio la resa di questi isodinamici.

 

Facciamo subito giustizia delle differenze tra il riferimento e le Auge. Fatta salva l’impostazione generale, che è la medesima, le Tuscanini in prova hanno delle caratteristiche che mitigano quelle che da sempre sono le più controverse delle Magneplanar di riferimento, le due o tre particolarità che le fanno amare e odiare allo stesso tempo. Dove le Magnepan sono brillanti e le Auge sono più dolci, perdonano un po’ di più i difetti di incisione e hanno – molti – più bassi. Detto questo, le Auge si meritano un ascolto critico per loro stesse, sono diffusori con una loro filosofia sonora originale o almeno non pedisseque nella interpretazione di un concetto noto.

La precisazione obbligatoria è che queste Tuscanini Auge, come qualsiasi altro planare che non abbia metri quadri di superficie, danno il meglio di sé con tipi di musica in cui il contenuto energetico, soprattutto alle basse frequenze, non sia l’essenza stessa del genere. Quindi se siete appassionati un po’ sordi di hard rock, nel senso che vi piace ascoltarlo a veramente ALTO volume, o se volete sentire i taiko come se foste lì dal vivo fareste meglio a provare soluzioni diverse. Non ho citato la musica sinfonica perché, tranne qualche rarissimo enorme sistema, non c’è un altoparlante domestico in grado di rendergli giustizia, quindi mal comune mezzo gaudio. Inoltre l’ampiezza della scena e la capacità analitica delle Auge aiutano, se non si pretendono tonnellate di decibel, a godere al meglio anche della grande orchestra. Ora che abbiamo messo le mani avanti possiamo dire che ci troviamo di fronte a una resa musicale ai massimi livelli, indipendentemente dalla tipologia di altoparlante.

 

La risposta in frequenza delle Auge è molto estesa e lineare, il basso è profondo e, anche se non fa “vibrare i mobili”, sicuramente scende abbastanza da far pensare che un subwoofer non sia una necessità. In un ascolto critico, specie se a confronto con sistemi di dimensioni e prezzo simile, occorre ricordare che la grande maggioranza dei diffusori attuali non ha dei buoni bassi. Moltissimi hanno solo “tanti” bassi che non sono né accurati né veritieri. Dove le Auge potrebbero, superficialmente, apparire carenti in profondità e quantità abbiamo invece articolazione e velocità. Abbiamo ascoltato diversi brani con un buon contenuto di note gravi: percussioni, contrabbassi, bassi elettrici e in ogni circostanza non ci si doveva impegnare più di tanto per riconciliare quello che si stava ascoltando con le note di copertina che recitavano quale strumento stesse suonando in quel momento. Il pizzicato rimane ben distinto e le percussioni hanno la giusta velocità, soprattutto in rilascio dove le code sonore proprio non ci sono. Sembra una banalità ma vi assicuro che in un mercato in cui i sistemi reflex la fanno da padrone, non sempre questo banale esercizio è svolto bene. In sostanza, sui bassi, abbiamo una prestazione ottima, che diventa eccellente nell’ambito dei sistemi simili, isodinamici ed elettrostatici.

La parte medioalta è ottima, e su questo non ci sono sorprese, anche se ancora una volta le caratteristiche sembrano essere leggermente atipiche: nelle nostre note i termini che ricorrono sono “levigato, pulito, luminoso, non affaticante”. Tutto sommato una prestazione diversa da quella che, per esperienza, ci saremmo aspettati. Sappiamo che altri diffusori di pari prestigio e tecnologia hanno una risposta leggermente più esaltata, che talvolta porta con sé anche una maggiore illusione di chiarezza. Ma sappiamo anche che questa è una medaglia dalle due facce: quel che si riceve in brillantezza lo si paga talvolta in fatica di ascolto. Con le Auge questo problema non c’è e, per me, a lungo andare è un pregio. Al momento di chiudere l’articolo abbiamo inoltre saputo da Tuscanini che saranno disponibili in due diverse versioni, una è quella che abbiamo provato, con il box esterno e la possibilità di biamplificazione attiva o passiva e biwiring, mentre l’altra avrà il crossover all’interno del telaio e potrà essere utilizzata in biamp passiva e biwiring, ma non in biamp attivo. Fortunatamente sarà disponibile il commutatore con le resistenze di attenuazione dei medioalti in entrambi i modelli con più possibilità di settaggio: quattro diverse posizioni con step di 0,5 ohm.

 

Dalle precedenti note di ascolto avrete ben capito che, oltre ad avere una risposta in frequenza lineare ed estesa le Auge hanno un timbro naturale. Sembrano non avere – mi correggo: non hanno – una colorazione di qualsiasi tipo. Anche questo è un fenomeno piuttosto poco frequente nella produzione attuale, dove ci sono diffusori che, per scelta, sono troppo piacevoli per essere anche veritieri. Colorano in modo astuto la risposta in frequenza per essere vincenti in un ascolto a confronto, ma spesso a scapito della veridicità dell’alta fedeltà, per tornare alle considerazioni in apertura, e alla lunga questa cosa la si sente. Le Auge non sono così: più le si ascolta e più le si apprezza. Cosa questa favorita anche dalla bassissima distorsione. Una caratteristica che si apprezza moltissimo soprattutto nell’ascolto delle voci e degli strumenti solisti.

 

Passando alla descrizione di come le Auge ricostruiscono la scena acustica, più che un resoconto di quello che abbiamo sentito preferirei fare un invito: indipendentemente da questa prova, andate a sentire cosa sono in grado di fare i sistemi a dipolo e in particolare quelli planari di grandi dimensioni. Non importa quale marca e modello, purché buoni. Quello che ascolterete è la “scomparsa” del diffusore in termini di sorgente sonora. Semplicemente non ci sono. Il suono proviene da una “zona” che si estende ai lati, dietro e tra i due pannelli. Se ben posizionati in un ambiente adeguato, questo tipo di diffusore è straordinario: vi mette al centro della platea, non troppo vicino al palco, e vi consente di ascoltare la musica riprodotta con una percezione delle dimensioni della scena e delle distanze tra gli strumenti che è rara e bellissima. Le Auge appartengono a questa categoria di altoparlanti e questo fanno, senza perdere in precisione e dettaglio. Si deve ricordare che la corretta posizione rispetto alle pareti di fondo e vitale! Pensare di mettere le Auge dove capita o dove stanno meglio “esteticamente” e farle suonare al loro meglio e come comprare un biglietto della lotteria e restare delusi perché non si è vinto. Trovare la posizione giusta è una necessità, nei diffusori a dipolo le interferenze di fase possono rovinare tutto. Non è una cosa difficile da fare, ma occorre perderci tempo. Nel manuale è spiegato e, in questo caso come in altri, il fatto che la Tuscanini sia una ditta artigianale aiuta: non sarete mai lasciati da soli dopo l’acquisto e l’assistenza arriverebbe direttamente dalla casa costruttrice.

 

Un quadro idilliaco, quindi, dove tutto è perfetto? Beh, ovviamente sarebbe pretendere troppo e i due aspetti in cui occorre venire a compromessi sono la dinamica totale, come precisato, e il massimo volume di ascolto. Due cose limitate dalla medesima caratteristica tecnica: oltre una certa potenza non si può andare senza danneggiare un altoparlante e per i planari questa non è così alta da non porsi il problema. Per avere maggiore potenza acustica occorre avere maggiore superficie vibrante e l’unico modo sensato per farlo è con più pannelli. Cosa che comporta un sacco di problemi da risolvere e un costo molto più alto. Questo è un limite a cui le Tuscanini, ma anche le Magneplanar per dirne una, non sfuggono. Ma quanto questa cosa è un limite? Dipende. Ad esempio nella sala in cui le abbiamo ascoltate, attorno ai quaranta metri quadri, il problema non si presenta: il volume che si può ottenere senza problemi è abbastanza in alto da non desiderare di raggiungerlo.

 

Su questo argomento occorre però fare una precisazione. Le abbiamo ascoltate a lungo con l’impianto descritto, dove nessuno dei finali supera però i cento watt per canale, anche se con uno splendido monotriodo. Le Auge possono però allegramente digerire potenze tre volte superiori e, pur se non abbiamo potuto constatarlo di persona, nostri colleghi ci hanno assicurato che con le Tuscanini non si percepisce o lo si percepisce ben più in là il limite di tenuta in potenza che è un marchio di fabbrica dei pannelli isodinamici. Noi ci crediamo e vi invitiamo a provarle anche e soprattutto con ampli di grande potenza. La motivazione tecnica di questa precisazione esiste ed è il fatto che il flusso magnetico delle Tuscanini è più intenso grazie alle proprie caratteristiche costruttive rispetto, ad esempio, alle Magnepan che abbiamo utilizzato come riferimento: ferrite e neodimio soprattutto saturano ben più in alto rispetto alla plastoferrite delle Magnepan.

 

In conclusione torniamo a quanto detto all’inizio: al di là della nostra stima per il progettista, con le Auge ci si può dimenticare delle guerre ideologiche degli audiofili: suonano bene, costano assolutamente il giusto e sono ben costruite.

 

Infine ultima cosa, ma per me la prima, sono italiane.

 

 

Caratteristiche dichiarate dal produttore

Impedenza nominale: 8ohm, minimo 6ohm

Sensibilità: 88dB a1W/1m

Risposta in frequenza: 29Hz-2kHz ±3dB

Potenza ammessa: 30-300W

Dimensione dei soli pannelli isodinamici: medioalto 3x85,5cm, mediobasso 24x150cm LxA

Frequenza di crossover: 5kHz

Pendenza del filtro: passa alto secondo ordine, passa basso primo ordine

Dimensioni: 67,5x182x3cm LxAxP

Peso: 27kg

 

Distributore ufficiale Italia: vendita direttta, al sito Tuscanini Acoustics

Prezzo Italia alla data della recensione: 5.500,00 euro

Sistema utilizzato: vedi articolo

 

Le basi, le "zampe" delle Tuscanini Auge.
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Pietro, Gianluca e io.
Pietro, Gianluca e io.
Di qui in poi qualche dettaglio dei pannelli provati posti
Di qui in poi qualche dettaglio dei pannelli provati posti "a nudo".
Le nuove griglie, ora in uso: la superficie di incollaggio dei magneti ora è completamente di pieno, anche se il collante utilizzato ha un potere adesivo dieci volte superiore alla forza di attrazione del singolo magnete per cm quadrato, già precedentemente più che abbondante, e una maggiore superficie di vuoto, implementata questa volta con asole, anziché i classici fori delle griglie standard.
Le nuove griglie, ora in uso: la superficie di incollaggio dei magneti ora è completamente di pieno, anche se il collante utilizzato ha un potere adesivo dieci volte superiore alla forza di attrazione del singolo magnete per cm quadrato, già precedentemente più che abbondante, e una maggiore superficie di vuoto, implementata questa volta con asole, anziché i classici fori delle griglie standard.
Il pre Audiosophia PL-MV9R.
Il pre Audiosophia PL-MV9R.
L'alimentatore del pre Audiosophia PL-MV9R.
L'alimentatore del pre Audiosophia PL-MV9R.
Di qui in poi, qualche immagine dei finali mono single ended PR/PM01 Audiosophia.
Di qui in poi, qualche immagine dei finali mono single ended PR/PM01 Audiosophia.

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