I luoghi comuni e gli stereotipi sono, a mio parere, la strada più breve verso un giudizio sbagliato. Soprattutto se sono celebrativi, tipo “l’inventiva degli italiani”, “la fantasia degli italiani”, “la genialità degli italiani”. Come se fosse possibile che il solo fatto di avere una nazionalità garantisca a tutti di avere le relative qualità. Però ovviamente non è vero il suo contrario! Ci sono italiani che queste caratteristiche le hanno, eccome, che lavorano duro con tanta umiltà. Quello che purtroppo accade è che il nostro “sistema”, inteso come situazione economica, accesso ai finanziamenti, la burocrazia, il fisco e una certa dose di “cultura” anti-impresa, rende quasi impossibile a questi italiani di raggiungere il medesimo successo che potrebbero avere se fossero nati in altri posti più a nord in Europa o, in generale, di lingua inglese. Quindi, parlando di ditte italiane e limitatamente a quel che conosco, cioè l’audio, non si può misurare la loro capacità professionale tecnica e progettuale basandosi solo sui dati di vendita, soprattutto se paragoniamo questi numeri con quelli di realtà simili d’oltreoceano od orientali. Poi, se ci limitiamo al solo mondo dell’Hi-End, quello di oggetti di grandissimo pregio e altrettanto costo, la situazione si complica in modo esponenziale, in quanto oramai è quasi impossibile distinguere il “genio” dal “furbo” senza conoscere personalmente i protagonisti.
Fortunatamente il lavoro di recensore, la possibilità di scrivere su una rivista, ti consente di avere un minimo di autorevolezza e ti permette di scavare un poco più a fondo per capire se dietro alle roboanti parole che sempre accompagnano i prodotti Hi-End – il migliore del…, tot anni di ricerca…, la pletora di “soluzioni uniche” – ci sia della vera sostanza. Il tempo mi ha portato oggi a trovare un caso italiano in cui si possono utilizzare assieme parole come “innovazione”, “genialità” e “duro lavoro” per descrivere gli oggetti che ascolto. È questo il caso del diffusore Vyger Amargosa, progettato, costruito e messo a punto da Pino Viola, fondatore e proprietario della stessa Vyger, azienda con sede ai Castelli Romani.
Quello di Vyger è un marchio noto nel mondo Hi-End, per lo meno dovrebbe esserlo a tutti gli appassionati del vinile, grazie ai suoi giradischi allo stato dell’arte. Delle macchine straordinarie, che quando furono presentate al mondo una ventina di anni fa avevano – e hanno tuttora – le caratteristiche di cui parlavamo prima. Ricordo bene, ne parlavamo di recente, lo stupore dei colleghi della rivista Suono per cui scrivevo all’epoca, di fronte al prototipo svelato da Viola dopo la sua colorita presentazione solo verbale… Non me ne voglia, ma Pino è esuberante nei modi, una forza della natura se si lascia andare. Si aspettavano un’ennesima realizzazione un po’ ingenua di un appassionato dilettante e si ritrovarono di fronte a un’opera di meccanica fine con tanta, tanta ingegneria a fare da supporto a un’idea ambiziosissima.
Evidentemente gli anni passati da quell’esordio non hanno indebolito lo spirito e anche in questa occasione al desiderio di realizzare un diffusore di qualità assoluta sono seguiti anni – il progetto è di prima della pandemia – di progetti, prototipi, misure e ascolti. Senza considerare gli ingenti investimenti. Tutto questo si è materializzato nel primo modello di diffusore a marchio Vyger. Nel suo sito si dice che il nome Amargosa sia quello di una stella, ma in realtà è quello di una struttura immaginaria del metaverso di Star Trek e forse, ma non prendetemi sul serio, anche nel nome Vyger c’è una citazione alla fantastica serie di Gene Roddenberry. Direi che però non ha molta importanza da dove derivi, quello che conta è che il nome identifica un’idea ambiziosa, quella di realizzare un diffusore che abbinasse la tenuta in potenza e l’estensione in frequenza con la più bassa distorsione possibile, contando tra queste, soprattutto, la coerenza temporale e la risposta ai transienti. L’obiettivo era quello di ottenere, in questi parametri, il migliore risultato possibile in un sistema con altoparlanti “tradizionali”.
Per raggiungere il risultato, perché è stato fatto, sono stati necessari quattro fondamentali ingredienti. Un progetto omnicomprensivo, competenze tecniche specifiche, un sistema di misura adeguato e tanta, tantissima perseveranza.
Ideare e costruire un diffusore può essere semplice. Si leggono alcuni tra i tanti libri di teoria, si cercano dei buoni programmi di simulazione, ci si dota della strumentazione di base per le misure, si fissano i parametri del progetto, il budget e gli ingombri. Poi si costruisce il cabinet, si comprano i componenti che meglio si adattano, si fanno delle misure, si monta tutto, e mentre si incrociano le dita si fa l’ascolto critico con lo scopo di aggiustare qualcosa nel crossover e nel damping - NdR | In questo senso, inteso come lo smorzamento delle vibrazioni o risonanze indesiderate all'interno di una cassa acustica. Se si è bravi e consistenti, il risultato può essere abbastanza buono da premiare lo sforzo. Ovviamente e ciò nonostante, tutti noi ormai abbiamo visto e sentito alle fiere di settore dei sistemi progettati peggio, molto peggio... Tuttavia, se si mira all’eccellenza, il libro dovresti essere in grado di scriverlo, non di leggerlo. Le simulazioni le conosci a memoria. I parametri del progetto li fissi sui risultati acustici e non su quelli economici o estetici – quindi questi non li fissi affatto – e il cabinet lo costruisci dieci volte. E i componenti te li fai fare su specifiche proprie e comunque poi li controlli uno a uno. Con le misure ci vivi tutto il giorno e le fai in modo controllato. E alla fine non incroci le dita ma chiami tutti quelli che conosci con esperienze di ascolto di alto livello per farti aiutare a rivedere il progetto, anche se fosse necessario modificarlo profondamente. In Vyger si è puntato all’eccellenza: Pino ha costruito una camera quasi-anecoica, si è dotato di strumentazioni adeguate e si è applicato alla fase più importante nella creazione di un diffusore veramente originale, cioè pensato dalle origini, quella di progettazione dei driver. Dopo di che si sono passate settimane, mesi e anni a sentire, modificare e affinare il progetto nel suo insieme.
Per raccontare la nascita e la crescita degli Amargosa ci vorrebbe un articolo a sé, oppure due pranzi e qualche ora con Pino Viola in forma loquace – questo è il modo in cui io l’ho saputo – ma su queste pagine non è il caso. Se volete potete contattare Pino tramite il suo sito oppure trovarlo alle fiere: vi racconterà tutto il raccontabile, tranne appunto i molti segreti industriali. Qui mi limiterò a riportare solo alcuni fatti, tra i molti, che considero significativi e che descrivono la profondità del progetto.
Una volta stabilito come obiettivo che gli Amargosa avrebbero dovuto avere la coerenza timbrica e di fase di un altoparlante ideale ma di essere anche capaci di arrivare ben oltre i 100 dB di SPL con distorsioni bassissime, per un diffusore, fu immediatamente chiaro che gli altoparlanti commerciali non avrebbero portato nemmeno vicino alla meta. Quindi ci si è rivolti alla AudioTechnology e in particolare a Per Skaaning in persona per la realizzazione dei driver ad hoc. Ricordiamo qui solo che il padre di Per, Ejvind Skaaning, è stato il fondatore della Dynaudio e ha sviluppato il famoso tweeter Esotar. Uno degli aneddoti a riguardo è che dalla Danimarca si era scettici sui driver richiesti dall'italia ma che, alla fine, è trapelato il fatidico “avevate ragione voi”. Quindi gli altoparlanti degli Amargosa non li troverete da nessuna parte se non montati sulle stesse. Da questa iniziativa, nonostante le competenze specifiche di Skaaning, è però escluso Il tweeter, che ha tutta un’altra storia. La necessità era quella di avere i midrange e il tweeter con centri acustici allineati nel tempo, ma l’arretramento di quest’ultimo tramite una flangia, comportava una serie di problemi non indifferenti. Innanzitutto, la flangia è comunque una “guida d’onda” che, oltre il fatto di arretrare fisicamente e temporalmente il centro di emissione, ne altera la risposta in frequenza e cambia la relazione di fase con i midrange. Io di prototipi di guide d’onda, nel laboratorio Vyger, ne ho visti almeno una ventina, e forse non sono nemmeno tutti, ma tutti diversi per forme, dimensioni e profilo. Pino Viola ci ha raccontato, coloritamente, le arrabbiature e le notti passate a cercare, e alla fine trovare, la soluzione per ottenere un sistema tweeter-flangia-filtro che fosse ottimizzato nel tempo e quindi allineato in fase con i midrange per ottenere non solo la migliore risposta ai transienti e la loro esatta localizzazione nello spazio ma anche il timbro più naturale possibile.
Sulla coerenza di fase, o meglio sul controllo delle fasi relative tra i vari altoparlanti, Vyger ha fatto una ricerca durata anni i cui risultati sono in parte sorprendenti. Infatti, il valore riportato nelle specifiche tecniche, una rarità nel mondo Hi-End, di più o meno ventotto gradi di rotazione relativa in asse con il tweeter non è il “migliore” ottenibile ma il miglior compromesso per ottenere il timbro e la bassa fatica di ascolto che questi diffusori hanno.
Il tweeter in sé rappresenta quindi un progetto proprietario ancora più spinto rispetto agli altri driver. Costruito in Germania su specifiche Vyger, ha una cupola in berillio da 32 mm e un sistema di espansioni polari studiato in modo da contribuire, aerodinamicamente, alle prestazioni richieste in fase di progetto. La cupola ha un breakup controllato grazie a uno speciale trattamento della faccia interna e le risonanze proprie della camera posteriore sono state elaborate e risolte con appositi diaframmi.
Il cabinet dell’intero diffusore è ottenuto per iniezione di una resina sintetica in un enorme stampo, quindi, a parte le aperture per montare i driver e l’alloggiamento del crossover, il mobile è un monolite. Inoltre, ognuno dei driver ha il proprio volume posteriore ben separato da quello degli altri. La complicazione costruttiva non è stata inspirata da motivi estetici ma solo da esigenze elettroacustiche e di riduzione delle vibrazioni nocive, specie per il tweeter.
Chiudo questa breve e incompleta raccolta di fatti citando il “protocollo di sviluppo tramite misure e ascolti”, un’esclusiva Vyger, appositamente strutturato per la realizzazione di questo diffusore. Il protocollo è diviso in passi, ciascuno finalizzato all’ottenimento di un risultato, misurabile con la strumentazione e soggettivamente percepibile da panel di ascolto, indicando chiaramente i risultati attesi e le metodologie di misura da adottare.
Sulle misure di distorsione vorrei solo aggiungere che per una di quelle utilizzate ho dovuto chiedere lumi in quanto non la conoscevo e questo lo dico per fare un complimento a Vyger perché mi vanto di essere un divulgatore tecnicamente informato.
Pino Viola ci tiene in modo particolare a sottolineare che ciascuna prova strumentale debba trovare la correlazione con i giudizi di ascolto – e viceversa – e che lui in persona non partecipa alle sedute di ascolto in quanto troppo coinvolto per essere oggettivo! Un lavoro che gli inglesi definirebbero “impressive” e che io invece semplicemente definirei “dovuto” per il rispetto che un costruttore deve avere dei suoi clienti, soprattutto quando gli chiede spese non indifferenti, anzi decisamente importanti.
Vediamo cosa sentiamo
Amargosa è un sistema di altoparlanti a quattro vie che fa uso di un subwoofer da 30 cm indipendente in carico simmetrico, un cosiddetto quarto ordine, un midwoofer da 20 cm, due midrange da 13 cm in configurazione verticale simmetrica e, tra questi due, il sistema tweeter, driver più flangia, che abbiamo poco sopra descritto.
Le dimensioni del mobile sono a dir poco generose con oltre un metro e mezzo di altezza e una profondità che arriva agli ottanta centimetri. Anche la larghezza è importante, tuttavia il fatto che verso l’alto la forma si restringe aiuta a sopportare in ambiente domestico l’impressione di questi grandi diffusori.
Anche il pavimento dovrà però sopportarli, perché pesano più di un quintale ciascuno.
Grazie al procedimento di costruzione, la finitura superficiale – lucida, opaca, metallizzata o micalizzata che sia – e il colore – o colori – sono a scelta e piacere del cliente, un po’ come per le auto di extra lusso.
Sulla parte posteriore c’è un pannello di alluminio che occupa almeno un terzo dell’altezza su cui trovano posto i morseti di ingresso, separati per il subwoofer, che non ha filtro, e il resto dei componenti. Di conseguenza è possibile, e raccomandabile, il biamping. Non fosse altro perché consente di avere più potenza a disposizione ed elimina dall’equazione dell’impedenza il parallelo del subwoofer rendendo il carico più semplice.
Le foto rendono abbastanza bene l’idea ma per avere veramente contezza dell’importanza in senso fisico di questo diffusore è necessario andarlo a vedere, e visto che ci siete anche ascoltarlo.
Il crossover è necessariamente molto complesso. Ha richiesto anni di ascolti e misure, i primi essenzialmente per trovare la coerenza timbrica e la naturalezza e le seconde per avere la certezza che i segnali impulsivi fossero riprodotti nel miglior modo possibile e allo stato dell’arte tra i diffusori elettrodinamici. Un crossover con molti componenti può essere un problema o una risorsa, dipende dai punti di vista. Diciamo che per analogia è lo stesso discorso che si fa per “equalizzazione sì o no”, “sovracampionamento sì o no”. Non ci sono risposte teoriche sicure: è meglio un percorso del segnale pulito con pochi componenti o è meglio la complessità che consenta l’attenuazione dei difetti? L’esperienza mi insegna che alla fine la risposta arriva dalla implementazione pratica e dalla qualità intrinseca della componentistica – meglio avere un solo condensatore piuttosto che tre ma è anche vero che uno “cattivo” è sicuramente peggio di tre ottimi – e con gli Amargosa fortunatamente siamo, per entrambi gli aspetti, al massimo livello.
Finalmente sentiamo
L’ascolto è avvenuto presso il laboratorio di Vyger, perché troppo impegnativo il trasporto a casa mia, e quindi prima di poter iniziare a scrivere le mie impressioni sono andato diverse volte con il solo scopo di abituarmi all’ambiente e alle componenti utilizzate. Fortunatamente ho portato con me le mie sorgenti e uno dei miei amplificatori, l’ItaliAcoustic HSA-05S, prima serie, ma ho anche utilizzato i componenti di Vyger: amplificazione Pilium serie Divine Line, i finali sono gli Hercules mono da 350 watt, e la sorgente digitale Oppo BPD-105.
Solo dopo aver preso confidenza con il contesto ho cominciato, assieme a dei colleghi, a prendere note scritte di quello che sentivamo. A questi livelli di prezzo, se il progetto è sano e realizzato a regola d’arte, gli aggettivi si sprecano. Per una volta vorrei risparmiarveli, cercando di fare semplicemente cronaca. Incominciamo dai livelli di ascolto: conosco bene diversi altri diffusori in grado di superare i 100 dB di SPL ma nessuno, al momento, riesce a farlo con una distorsione così bassa come possono fare gli Amargosa, questa non è solo una sensazione di ascolto, abbiamo fatto delle misure a livelli quasi insopportabili e la distorsione non aumenta più di tanto.
Passando alla risposta in frequenza, per cercare il limite in basso abbiamo dovuto trovare dei brani adatti perché, come sapete, il 99% della musica commerciale non ha estensioni significative sotto i quaranta hertz. NB - Nel pianoforte a 88 tasti la nota più bassa corrisponde al tasto 1 ed è 27,5 Hz. Tuttavia la fondamentale la si riesce a sentire solo nei modelli Concert Grand da nove piedi. Frequenze più basse possono essere trovate solo nella musica elettronica o in pochissimi grandi organi a canne, ce n’è uno in una chiesa vicino casa mia. Inoltre i brani che utilizzano queste note sono pochissimi.
Per questo diffusore quella frequenza è semplicemente un respiro in più, non una sfida. I 29 Hz dichiarati a -3 dB sono una enormità e che la misura non sia solo un paio di parole scritte sulla brochure lo si sente, ma con i brani adatti, ovviamente.
L’estensione alle alte frequenze è ben oltre l’udibile ma questo non è un obiettivo di progetto quanto un sottoprodotto della leggerezza e rigidità della membrana e, in generale, della costruzione ad hoc del tweeter.
Del controllo delle fasi relative e della risposta impulsiva abbiamo parlato nella parte tecnica. All’ascolto queste due qualità si traducono in una scena che, pur essendo grande – un effetto automatico dovuto alle dimensioni combinate di altoparlanti e diffusore e ai livelli di ascolto che si raggiungono – è però perfetta nella spaziatura tra gli strumenti e “ferma al variare del volume” come mai mi era capitato di ascoltare in precedenza, se non a livelli molto più bassi di pressione acustica e con altoparlanti peculiari, pensati e costruiti apposta per eccellere in questo parametro.
La sensibilità dichiarata di 90 dB pone questo diffusore a mezza strada, non propriamente a bassa efficienza ma anche lontano dai oltre 97-98 dB che vantano i pochi altri diffusori in grado di arrivare alle stesse pressioni sonore. Tuttavia, la tenuta in potenza, dichiarata ad un esorbitante 1000 watt per dieci millisecondi, fa in modo che, con la corretta amplificazione, la dinamica possa arrivare allo stesso, altissimo, livello dei diffusori ad alta o altissima efficienza. Ricordiamo però che con le trombe o con i dipoli occorre fare molta attenzione alla direttività spinta e alle riflessioni, cosa che qui accade in misura decisamente inferiore, senza parlare della coerenza temporale e delle fasi.
Le qualità di questo diffusore sono altissime e si esplicano senza sforzo da livelli di ascolto moderati fino a pressioni sonore considerate nocive. Il suono mantiene la sua qualità di pulizia, correttezza timbrica e tonale, attraverso tutto lo spettro di potenza e lo stesso accade per la correttezza e la tridimensionalità della scena acustica ricostruita. Un risultato impressionante, davvero impressionante. Viola dice, con intelligenza e umiltà, che parte del merito va anche alla cura dell’ambiente di ascolto, ma questa è una considerazione “sempre vera” e sono abituato a farci la tara. Inoltre, comprare questi diffusori per metterli in pessime situazioni ambientali sarebbe veramente un insulto al buon senso.
Come dicevo siamo andati più volte, io con alcuni colleghi e lo staff di Vyger, a sentire gli Amargosa, accumulando ore di ascolti e spesso ci siamo lasciati al gioco “del sentiamo questo…” o “vediamo come viene quest’altro…”. Parlando invece di ascolti critici, che oramai sono brani ascoltati talmente tante volte da essermi venuti a noia, abbiamo iniziato con alcuni brani “fatti apposta” ben registrati e con estensioni verso i bassi e gli acuti che, viste le premesse, potessero mettere meglio in risalto pregi e difetti degli Amargosa.
Ripeto che si tratta solo di un riassunto di alcuni dei numerosissimi ascolti, troppi per tenerne una lista, e che se da qui userò il plurale è perché con me c’erano amici e colleghi a condividere le scelte e le sensazioni.
Due artisti bravi ma sicuramente di pochissima notorietà, Cyrill Lützelschwab e Martin Hess, con solo una batteria e quello che mi sembra essere un extended range electric bass, hanno registrato un brano, Boxenkiller, praticamente al solo scopo di essere ascoltato nelle dimostrazioni Hi-Fi, se non sbaglio prodotto dalla Focal. I primi trenta secondi sono solo piatti e campanelli a cui segue prima un assolo di batteria e poi una melodia chitarra-basso. La parte iniziale è eterea, con i piatti perfettamente riprodotti, anche se un po’ artificiosamente posizionati su tutto lo spazio in fase di mixing. Sembra strano scriverlo, perché dovrebbe essere ovvio, ma da diffusori così imponenti non ti aspetti la “delicatezza” o la “dolcezza” che invece sono doti assolutamente necessarie quando si a che fare con il metallo percosso. Ci tengo a sottolineare la spiegazione: quando la riproduzione dei piatti non è perfetta questi diventano “duri” e “fastidiosi”, cosa che dal vero capita solo quando ci si sta troppo vicino o lo strumento è pessimo. Qui la riproduzione è perfetta, sintomo sicuro di bassa distorsione, di una risposta ai transienti ottima, con l’attacco e il rilascio che “copiano” lo strumento reale senza eccessivo smorzamento o code indesiderate. Il timbro perfetto testimonia della riproduzione degli armonici superiori senza attenuazioni.
Passando alla batteria, uno degli strumenti che è diventato tra i più complicati da riprodurre come si deve – il mercato è pieno di diffusori “con la coperta corta” che scendono in basso ma mancano di punch tanto da far confondere il basso con la grancassa – gli Amargosa salgono in cattedra. Percussioni così realisticamente “dure” e “veloci” le ho sentito solo in cuffia elettrostatica o, a basso volume, con diffusori dello stesso tipo, ma a livelli di volume realistici non mi ricordo una performance che possa superare quella che abbiamo ascoltato. Abbiamo chiuso alla grande la sessione con un O-Daiko che ci ha quasi buttato fuori dalla sala di ascolto.
Passando alle voci abbiamo selezionato alcuni brani che, per militanza Hi-Fi o per conoscenza diretta anche dal vivo, ci sono molto familiari. La bellissima Canzone di Marinella cantata da Mina e De André alla Bussola e diversi brani di Lucio Battisti. Voci che conosciamo benissimo e che ritroviamo così reali e precise da farci sorridere. Veramente ci sciamo scambiati sorrisi. In un impianto ad altissima fedeltà non è impossibile riprodurre la voce umana in modo quasi perfetto e in questo caso oltre che analitico fino a scavare dalle registrazioni i sospiri e i suoni delle labbra che si schiudono c’è una naturalezza che ti fa chiudere gli occhi e immaginare il cantante seduto, leggermente ruotato, con la chitarra in mano a cantare a pochi metri da te. Con le voci, generalmente, si manifesta un fenomeno peculiare: i diffusori Hi-End sono grossi e tendono a ingigantire il cantante, a questo effetto contribuisce in modo maggioritario la tecnica di ripresa se il microfono, come nel 99,99% dei casi, è vicino alla bocca. Gli Amargosa non ne sono esenti, non potrebbero visto che l’incisione è quella, ma quando la ripresa è dal vivo e quindi la distribuzione dei microfoni aggiunge la riflessione dell’ambiente, le proporzioni tornano immediatamente normali o almeno proporzionate. Questo lo si sente benissimo, ad esempio, con il brano Guantanamera dei Weavers registrato nel 1963 – e con che qualità – alla Carnegie Hall. Quando entra la voce di Ronnie Gilbert si smette di pensare a come suona l’impianto e ci si gode l’ascolto per quello che è, gioia e divertimento. A casa ho riascoltato la canzone sul mio impianto domandandomi perché non mi aveva così commosso prima, la risposta è ovvia e alla fine giustifica la passione con cui gli audiofili si spendono – letteralmente – nella ricerca del miglior suono.
Chiudiamo il “riassunto” con le grandi masse sonore della musica da organo e sinfonica, moderna o meno, citando solo un brano tra i diversi ascoltati. Si tratta della Toccata dalla Sinfonia N. 5 per organo di Charles-Marie Widor, Ben van Oosten, registrata nella Abbaye Saint-Ouen de Rouen in Rouen, Seine-Maritime, che in impianti “piccoli” viene fuori come un amalgama poco discernibile, indipendentemente dalla qualità dei componenti a monte. Qui, no. Lo stesso di può dire dei diversi brani che abbiamo ascoltato di sinfonica. Io dico sempre che il miglior modo di godersi la musica delle grandi orchestre è farsi un abbonamento all’auditorium con un posto in mezzo alla platea. Non c’è impianto che possa avvicinarcisi se non, da lontano, quelli immensi ad alta efficienza. Gli Amargosa non sono questo tipo di diffusore, ma con la capacità di reggere tanta, tanta potenza riescono a raggiungere lo stesso SPL e quel che potrebbero cedere sulla dinamica – da verificare però perché non avvertivamo nessuna carenza – lo riprendono con una correttezza timbrica che le trombe secondo me non possono avere. E sulla disponibilità a digerire ed esigere tanta potenza, valga un semplice episodio, quando, con il volume al massimo e con un contenuto musicale ricco di bassi, abbiamo portato l'ItaliAcoustic HSA-05S in protezione termica, quindi ad ammutolirsi, a fronte della virtualmente sconfinata capacità degli Amargosa di "tenere botta"... Infatti, l'alto SPL alto poteva andare ben oltre avendo più watt a disposizione, e la distorsione bassissima. Diciamo che questi diffusori, in termini di tenuta in potenza, rovesciano i termini dei limiti: sarà l'amplificatore a dovergli correre dietro.
Potrei allungare questa sezione e tentare di fare paragoni con altri diffusori, però spero di farvi risparmiare un po’ di tempo di lettura visto che abbiamo sentito veramente tante cose e, indipendentemente dai generi e dalle tracce, le sensazioni rimanevano inalterate. Per quanto riguarda i confronti questi possono essere solo a memoria e riferiti a situazioni rare e sparse nel tempo: i contendenti di questo livello sono pochissimi, costosissimi e raramente reperibili nei negozi.
Il mio giudizio mette gli Amargosa in cima alle classifiche dei diffusori senza compromessi. Volendo dare un’etichetta o una sintesi direi che gli Amargosa suonano come un elettrostatico ma con una estensione in frequenza e una tenuta in potenza che questa tipologia non può avere.
Concluderei invitando tutti a non fidarsi ciecamente di quello che avete appena letto e di andare a cercare le occasioni in cui questo diffusore sarà presentato al pubblico. Sentirete da soli e sarà facile tirare le mie stesse conclusioni. Uno dei migliori diffusori. Indipendentemente dal costo, da qualsiasi costo. E sono orgoglioso che siano italiani.
Caratteristiche dichiarate dal produttore
Altoparlanti:
- subwoofer 1 x 12”/30cm 4°ordine senza crossover
- midwoofer 1 x 8”/20cm in cassa chiusa
- midrange 2 x 6”/13cm in cassa chiusa
- tweeter 1 x 1.26”/32mm doppia camera, cupola trattata
Sensibilità: 90dB 2,83V a 1metro e 1kHz
Massima potenza di picco sopportata: 1000W per 10ms
Variazione relativa di fase in funzione della frequenza: inferiore a ±28 gradi da 70Hz a 17,5kHz
Errore temporale di propagazione degli impulsi - pulse coherency factor propagation time error a 3,2 metri sull’asse del tweeter: meno di 45µS
Distorsione armonica - THD: 0,28%
Impedenza nominale: 4ohm con minimo di 2,6ohm a 225Hz
Amplificazione minima raccomandata: 50W per canale, ad alta corrente
Risposta in frequenza: 29Hz-32kHz ±3dB/f3
Connettori: placcati in oro, accettano banane, forcelle e cavo spellato
Dimensioni: 40x156x80cm LxAxP
Peso: 105kg ciascun diffusore
Distributore ufficiale Italia: al sito Vyger
Prezzo Italia alla data della recensione: 98.000,00 euro
Sistema utilizzato: all'impianto di Maurizio Fava