Prima di iniziare devo ringraziare il direttore Castelli perché talvolta mi propone degli apparecchi che non solo mi permettono di ascoltare il meglio della produzione Hi-Fi ma anche di avere sensazioni “sentimentali”, nel senso più leggero del termine. L’Adcom GFA-555se è un apparecchio relativamente più recente ma è un rifacimento, non un clone, di qualcosa che risale al 1985, cioè quando l’alta fedeltà occupava gran parte del tempo che giovani e meno giovani dedicavano alle proprie passioni. Io tra questi.
Quindi, non me ne vogliate, ecco un po’ di notizie prese dal sito Adcom, ma anche dalla mia memoria, che spero non annoino tutti.
L’Adcom, io lo ricordo bene, nasce come marchio di testine. Onestamente non mi è chiaro se le progettassero o anche le costruissero, cosa di cui dubito, ma fecero abbastanza scalpore perché erano tra le prime che, pur essendo MC - Moving Coil, avevano un’uscita abbastanza elevata, che rendeva possibile interfacciarle – semplicemente – con quasi tutti gli ingressi phono. Si chiamavano Crosscoil e si era negli anni ‘70. Ebbero successo e grazie a questo l’Adcom poté fare il salto di qualità e provare ad affermarsi come costruttore Hi-Fi con un catalogo più ampio. Per saperne di più, trovate qui e qui rispettivamente la brochure e il manuale originali di queste storiche testine.
Nel 1979 Adcom presenta quindi il proprio primo amplificatore, il punto di svolta però avviene nel 1985, quando venne lanciato il GFA-555 disegnato da Nelson Pass. Basterebbe solo questo nome a giustificarne il valore, addirittura più oggi di allora, ma l’amplificatore aveva oggettivamente caratteristiche interessanti: 200 watt per canale e la possibilità di erogare fino a 20 ampere di corrente di picco. Significa che diffusori a bassa impedenza non costituivano assolutamente un problema per questo finale. D’altronde, con l’alimentazione surdimensionata da un trasformatore toroidale da 700 VA e 60.000 µF di condensatori di filtro, il GFA-555 era un vero affare per il prezzo dell’epoca. In più aveva la possibilità di essere configurato a ponte per offrire in mono più del doppio della potenza. Le recensioni delle riviste e l’accoglienza degli appassionati furono ottime e l’apparecchio ebbe una notevole rilevanza mediatica. Potente, poco costoso e ben suonante: difficile chiedere di più. Personalmente li ho ascoltati, negli anni immediatamente successivi, solo in condizioni non ideali: negozi, mostre, mai a casa però. Il ricordo è quello di un ampli molto generoso che suonava meglio quando suonava forte. Fu seguito dal modello GFA-555 II, che alcuni addirittura preferivano, anche se Nelson Pass non ne fu l’artefice, parole sue non mie: “I designed the 555 … It was typical of all the 5XXX amps that I did the first one and then they improved it …”.
Fatto sta che Adcom ebbe successo di vendita e di critica ma, come molti dei marchi che fecero bene o benissimo negli anni ’80 e ’90, a un certo punto scomparve dai radar. Dopo un periodo di oblio però riapparve, anche in questo caso similmente a quanto accadde ad altri marchi famosi, rilanciato e commercializzato da gruppi orientali di Cina, Corea, Singapore o Hong Kong, che li compravano oppure li rifinanziavano per acquisirne in esclusiva la commercializzazione. Per Adcom si tratta del secondo caso e il gruppo “economicamente forte” EverestAsia è dedicato al “lusso” in senso lato.
È quindi con piacere che ora ci ritroviamo tra le mani un GFA-555se appena uscito dal suo imballo e, averlo appunto “tra le mani”, esteticamente identico al predecessore, mi riporta indietro di trent’anni. Tuttavia, come ho detto, non è un clone. Anzi, la storia che precede la riedizione di questo amplificatore è interessante. L’Adcom scomparve sì dalle scene, superata da nuovi marchi e da altre filosofie di progetto e il GFA-555 fu “dimenticato”. Eppure la stessa Adcom dal 2002 al 2010 era attiva e anche con legittime ambizioni. Infatti, a capo dei progetti dell’azienda, prima come VP engineer e poi come President, c’era Daniel Donnelly, precedentemente progettista di California Audio Labs – successivamente venduta a Sonic Blue e poi ambedue scomparse – e comunque una figura non di secondo piano nel mondo Hi-Fi. Il modello che stiamo provando è quindi una sua opera. Dicevamo che la topologia, a detta del distributore italiano, è uguale a quella del finale del 1985, ma l’alimentazione separata, il ringiovanimento di tutta la componentistica, soprattutto trasformatori e condensatori, e il layout e la manifattura delle schede sono opera di Donnelly. I numeri sono però gli stessi: potenza, erogazione in corrente, capacità di filtraggio. Anche la funzionalità “a ponte” che rendeva il GFA-555 un potentissimo amplificatore mono è stata mantenuta e anche il GFA-555se può erogare circa 600 watt in questo modo. Invece è nuova la possibilità di collegarlo a un pre con uscite bilanciate tramite i due connettori XLR selezionabili, con uno switch, in alternativa ai canonici RCA. All’interno la disposizione dei componenti appare simile al progenitore, mentre all’esterno si fa proprio fatica a distinguerli. Dimensioni, colori e finiture danno all’apparecchio un fascino vintage, per chi lo ha conosciuto, e che personalmente trovo decisamente bello.
Essendo questa una prova di impressioni di ascolto non ci soffermeremo sulla tecnica, anche perché sia il primo progettista che il secondo forniscono le più ampie garanzie circa la bontà delle scelte. Ci piace però che il nuovo modello non abbia tradito la filosofia del primo, anche e se non soprattutto per quel che riguarda i prezzi di vendita. Quindi, sia per vocazione progettuale sia per contenerne il prezzo, all’interno non troviamo componenti esoterici tanto per esserlo o una cura spasmodica dei particolari: è tutto molto “normale”. Cosa questa che non è un difetto, anzi, è un pregio: tanto più grande quanto lo è il rapporto tra a qualità dell’ascolto e il prezzo.
Dopo un periodo di rodaggio eseguito da Giuseppe, l’Adcom ha trovato posto nel mio impianto costituito dalla meccanica CD CEC TL51x, il pre/dac M2Tech Young DSD e i diffusori Audiosophia costruiti apposta per permettere al sottoscritto di avere uno “strumento di misura”. Questo impianto ha la caratteristica di essere analitico fino all’estremo ed è – per me – perfetto per fare le prove. Lo conosco a memoria e la sua capacità di scovare anche il minimo difetto o pregio aiuta moltissimo nel capire velocemente le caratteristiche degli apparecchi che passano per la mia sala di ascolto. L’Adcom ha preso il posto di un amplificatore che semplicemente adoro, l’Electron Kinetics Eagle 2a modificato da Russ Sherwood di EKSC e, contrariamente alle attese, non me lo ha fatto rimpiangere. Innanzitutto, non è più vero che, come dicevano del suo antenato, suona bene quando suona forte. In realtà lo fa, ma suona benissimo anche quando il livello di ascolto è normale.
Ha una caratteristica che lo accomuna al mio riferimento ed è la naturalezza e la “semplicità” con cui si fa ascoltare. Probabilmente avrete ascoltato molte elettroniche Hi-End in grado di mettere in risalto bassi profondissimi e acuti trasparenti. Spesso sono eccezionali, tranne che, purtroppo, talvolta a queste caratteristiche si accompagna la sensazione che qualcosa manchi. Raramente questo è sintomo di fatica mentre più spesso è l’effetto dello stress da prestazione: ogni modello Hi-End costa caro ed è sempre preceduto da dichiarazioni che ne decantano l’eccellenza assoluta. Quindi l’ascoltatore dopo un po’ smette di ascoltare musica e diventa un “filosofo del suono”, o per essere più cattivi un “ossessionato del dettaglio”. Si pretende il meglio e lo si cerca in ogni minimo passaggio, spesso musicalmente insignificante, del disco. Questo non mi capita con l’Eagle e… nemmeno con l’Adcom. Nessuno dei due è al top della categoria: i bassi sono ottimi, specie con l’Eagle, e gli acuti trasparenti, ma non tanto da pareggiare alcuni amplificatori Hi-End passati per questa sala di ascolto. Però sono abbastanza buoni da far dimenticare il problema e nel complesso godono di un equilibrio – questa sì che è una caratteristica in cui eccellono – che alla lunga, complice anche il loro costo, permette sessioni di ascolto più salutari. Qui, invece di ascoltare i dieci secondi di quel particolare passaggio difficile da riprodurre, si finisce per finirlo, quel brano, e ci si ritrova a mettere un altro disco solo per il gusto di ascoltarlo. Perfetto.
Dunque, l’Adcom ci offre una prestazione solida ed equilibrata. Bassi, medi e acuti sono restituiti in modo esemplare, senza sbavature o effetti speciali e comunque con una naturalezza, che potremmo anche definire “normalità”, che è una caratteristica ricorrente di questo ottimo finale.
Al di sopra del normale sono invece la dinamica e la possibilità di pilotare le casse più complicate, i 200 watt sono un bonus non pagato in alcun modo, né in euro né in fatica di ascolto.
Concludendo non posso fare altro che raccomandare con molta energia questo apparecchio pregando tutti di non fare paragoni assoluti. Questo è un amplificatore Hi-Fi di alto pregio in grado di suonare in modo eccellente e che viene venduto, di listino, a meno di duemila euro. Anche senza sconti è un affare. Vorrei tenerlo.
Caratteristiche dichiarate dal produttore
Potenza di uscita: 200W canale su 8ohm, 300W canale su 4ohm, 600W su 8ohm a ponte
Risposta in frequenza: 10Hz-20kHz a 1W su 8ohm +0/-0,25dB
Banda in potenza: 1,7Hz-100kHz -3dB
Impedenza d’ingresso: 100kOhm sbilanciato XLR, 10kOhm bilanciato RCA
Sensibilità d’ingresso: 1,75Vrms a 200W su 8ohm, 130mVrms a 1W su 8 ohm
Fattore di smorzamento: ≥900 20Hz-20kHz
Alimentazione: 120-230V / 50-60Hz
Peso: 16,3kg a vuoto, 18kg con imballaggio
Dimensioni: 432x191x318mm LxAxP
Per ulteriori info: scarica qui il manuale Adcom GFA-555se | solo in inglese
Distributore ufficiale Italia: al sito Orange System | contatta Orange System
Prezzo Italia alla data della recensione: 1.749,00 euro
Sistema utilizzato: all'impianto di Maurizio Fava