Il compianto David Manley può essere legittimamente considerato il maggiore artefice della rinascita degli equipaggi audio a valvole, durante e dopo il decennio, 1980-90 più o meno, dominato quasi tirannicamente dal binomio digitale/stato solido. La sua opera meritoria ha preso propulsione dall’infinita esperienza, durata una vita, costruita lavorando appassionatamente su progetti di elettroniche a tubi, studi di registrazione e incisione di dischi. Questa incessante attività, iniziata in Sud Africa e proseguita in Inghilterra, approdò negli Stati Uniti dove David trovò l’ambiente ideale per lo sviluppo e la diffusione delle sue idee, contestualmente all’avvio del business di elettroniche valvolari, essendo l’America dell’epoca il più importante mercato del mondo.
A ogni periodo di impegno nell’attività di registrazione corrispondeva un progetto audio. Fin dal lancio del primo prototipo VTL, datato 1981, la produzione si è distinta per prolificità sempre associata a elevata qualità e variabilità progettuale. Non c’è valvola intorno alla quale Mr. Manley non abbia costruito un circuito audio. La valvola è poliedrica, si può usare l’anodo per catodo e viceversa, collegare la griglia a massa usando il catodo come ingresso e decine di ulteriori varianti. Pur attribuendone le giuste referenze, un apparecchio Manley non è mai il frutto di maniacali misurazioni e tecnicismi dottrinali, stante il pensiero che la misura può costituire un ottimo supporto ma mai la fonte primaria di un buon suono. Un suono autorevole può essere generato solo concentrando la propria azione progettuale sul rapporto stretto tra arte della registrazione e riproduzione: chi non ha mai messo piede in uno studio di incisione, chi non ha pratica ed esperienza di ascolto, che idea di qualità sonora può avere? Le registrazioni effettuate con console e microfoni analogici hanno un valore audiofilo superiore rispetto al valore ingegneristico prevalente nei set digitali.
"Guarda come ti porto un’orchestra in casa con pochi clic!", ecco il mantra che circolava negli anni ’80. I sacerdoti del digitale, in nome del nuovo a qualunque costo, avrebbero fracassato a martellate tutte le valvole del mondo se individui come Manley non avessero organizzato, per fortuna in buona compagnia, la fronda del "resistere, resistere, resistere!". Ha avuto effetto, i tentativi di persuasione occulta sono falliti, gliene saremo sempre riconoscenti. La quinta moglie di David, EveAnna, ha fortunatamente potuto perpetrare la tradizione dell’azienda, essendo in possesso di un background adeguato. Suo padre, Al Dauray, è stato infatti Presidente della Ampeg, marchio noto per la costruzione di amplificatori a valvole per chitarra e basso, ancora oggi molto ricercati in tutto il mondo. Per la cronaca, le apparecchiature Ampeg venivano utilizzate dai migliori solisti o gruppi rock di fine anni ’60, o primi ’70, Johnny Cash e Rolling Stones tra tutti.
La sua indiscussa leadership e il suo instancabile impegno con gli apparati termoionici le hanno fatto guadagnare l’appellativo di "The Manley Tube Queen". Non basta. Questo essere vulcanico suona il sax e possiede migliaia di dischi, ragione per cui condensa in sé tutti i fondamentali utili a dominare l’arte della costruzione e la riproduzione di un suono. L'attuale ventennio di gestione EveAnna si è contraddistinto per una super produzione di equipaggi da studio, ovvero equalizzatori, compressori, microfoni, preamplificatori, mixer, tutti rigorosamente valvolari, così come raffinatissimi apparati home audio, sempre a tubi, alcuni veri gioiellini, tra i quali, per deformazione analogica personale e per non far torto a nessuno, segnalo il meraviglioso stadio phono Steelhead. L’entusiasmo quasi infantile di EveAnna sprizza ogni qualvolta la vediamo, nella moltitudine di filmati che girano in rete, presentare un pezzo della sua produzione, una creatura di cui andare orgogliosi, a prescindere dal genere.
Non si sottraggono certo al trattamento materno i componenti oggetto dell’articolo presente, ovvero i finali mono Manley Mahi. Alla vista e al tatto ispirano diminutivi, tutto è "ino". I monoblocchi sono minuti, finalini appunto e pesano niente. Gli imballi sono così leggeri da far venire il sospetto che siano vuoti. Gli apparecchi sono maneggevoli e agevolmente collocabili senza rischio di colpi della strega. Sono "ini" i trasformatori, sono "ine" le valvole. Le valvole, appunto. Mi permetto una parafrasi. "Dimmi che valvola monti e ti dirò che ampli sei". Nel nostro caso quattro valvole di potenza EL84 per blocco. Questo pentodo è conosciuto per la musicalità e la dolcezza, giammai mi sarei aspettato di ascoltare altre meraviglie, ne parleremo dopo. Completano la dotazione valvolare un triodo 12AT7 in ingresso e una 6414 NOS con funzioni driver, in interfaccia tra lo stesso stadio di ingresso e quello di uscita. Qualche cenno estetico costruttivo. L’esilità è solo apparente, perché gli chassis, di tipica linea Manley a sei lati, sono ben consistenti e affidabili, così come l’ingresso RCA e le terminazioni per i diffusori, due massicci WBT posti intelligentemente in verticale sul top superficie, dietro i trasformatori. Una delle novità apprezzabili del progetto è che i trasformatori sono ideati e costruiti in azienda, customizzati per le esigenze di ogni progetto circuitale. In questo caso il trasformatore di uscita è ottimizzato per un carico di cinque ohm. Il brand Manley domina su tutto, valvole finali comprese, sulle quali è stampato il logo, che ricompare illuminato in accensione sui frontalini grigio-silver, dando ai monoblocchi quell’aria retrò che fa impazzire i tubofili.
L’interruttore è situato sul retro, in accoppiata con la vaschetta IEC, in prossimità del trasformatore e i condensatori di alimentazione, lontano quindi da possibili interferenze con lo stadio d’ingresso. Tutto molto efficace e pratico. Ognuno dei blocchi, invece dei soliti piedini di appoggio, è arricchito, soluzione già esteticamente molto efficace, da quattro piccole colonnine cilindriche situate in altrettanti angoli dello chassis, terminate a punta al fine di ottenere un maggiore isolamento dal piano di collocazione. Osservare la superficie superiore è uno spettacolo di simmetria e soluzioni al servizio ancora della semplicità di gestione e dell'adattabilità. Contestualmente è una chiara sfida ai detrattori delle valvole, soprattutto quelli che…, per dirla alla Jannacci, con pregiudizio ne sostengono l’instabilità del settaggio.
Così come è un richiamo per i neofiti dell’audio, cui viene offerta una succosa opportunità di cominciare la propria avventura con oggetti musicalmente di lusso. Intanto la Manley fornisce, di serie, lo strumento di lavoro: un bel tester, che anche un bambino dell’asilo sarebbe in grado di utilizzare. In prossimità di ogni valvola finale è ben intellegibile una coppia di fori, uno in cui introdurre il puntale positivo del misuratore, l’altro in cui accedere al trimmer di check del bias. Il puntale negativo va introdotto in un ulteriore forellino, situato nella parte anteriore, dove è accessibile il contatto di massa. Basta accendere il finale, scollegato dall’impianto, settare il tester in modalità DC, scala 2V, introdurre i puntalini nel senso descritto e, a mezzo di un piccolo giraviti, fissare il valore di ogni singolo tubo a 250 mV, procedendo con il test in senso orario. Un livello di Bias superiore accorcerebbe la vita della valvola, mentre ad un livello inferiore si alimenterebbero delle distorsioni. I Mahi sono dei finti piccoli, se è vero che sulla stessa superficie, zona frontale, è stato destinato ulteriore spazio a due piccoli switch. Quello di destra permette la commutazione tra modo ultralineare e triodo. Quello di sinistra consente di scegliere tre gradi di feedback: 3 dB (MIN), 6 dB (MED) o 10 dB (MAX). La combinazione dei due interruttori rende disponibili ben sei possibilità di configurazione, con altrettanti rispettivi livelli di potenza, da 14 W, a triodo con feedback minimo, fino a 41 W, in ultralineare con feedback massimo. Non basta, perché anche la sensibilità di ingresso segue la variabilità, aprendo orizzonti sconfinati per quanto riguarda l’accoppiamento con un preamplificatore.
Al fine di compensare i dislivelli in uscita che scaturiscono dalle sei combinazioni, il circuito è disegnato per fornire un incremento della sensibilità di ingresso in corrispondenza di un settaggio di bassa potenza e viceversa, con l’effetto di ottenere il massimo controllo sul guadagno complessivo, evitando saturazioni e distorsioni. Chiaramente la scelta di far lavorare i finali in una configurazione piuttosto che in un’altra comporta differenze sonore determinanti in termini di timbrica, tridimensionalità e dinamica, concedendo comunque all’utente ampia libertà di assemblaggio di un impianto e di affermazione dei propri gusti, oltre all’estrema opportunità di adattare di volta in volta le elettroniche al carattere di ogni registrazione che viene riprodotta dalle sorgenti.
Raccomandazione primaria: rodare i Manley almeno una settimana. Allora cominceranno ad affiorare i pregi e la musica diventerà via via più vera. Come tutti gli amplificatori valvolari, i nostri emettono un leggero soffio nei diffusori, ma nulla di insopportabile, quasi un alito di vita. Esaurito il rodaggio, non pensate di portare i Mahi al massimo rendimento prima di un’oretta e mezzo di riscaldamento, due dischi pieni insomma. Senza voler fare un confronto qualitativo improponibile, ma solo per testare la versatilità di accoppiamento, ho fatto lavorare i finali prima con un pre passivo Music First Audio, dal guadagno limitato e, a seguire, con il mio pre a trasformatori Audio Tekne TP8301 MKIII, sempre con identici diffusori, ovvero Klipsch Heresy I del 1972 modificate. I risultati sono stati eccellenti in entrambi i casi, con un settaggio ultralineare e feedback massimo con il primo, a triodo e basso feedback con il secondo. In versione triodo le sonorità fuoriuscivano più dolci e delicate, le trame vocali e strumentali più consistenti.
Mantenendo il feedback a 3 dB le immagini sonore risultano coerentemente proiettate nella stanza, mentre a 10 dB la musica sembra arretrare rispetto ai diffusori acquistando un certo grado di aggressività e brillantezza in fascia acuti, liberando però un medio terrificante in termini di personalità e sostanza. Ho passato giorni a provare configurazioni, ma alla fine del test non sono riuscito a individuare quale fosse la migliore. Ma forse la migliore non esiste e credo che la natura del progetto sia proprio questa: una coppia di finali universali, per tutte le stagioni, per tutti palati, per tutte le orecchie. Certo è che con l’Audio Tekne i Mahi hanno preso il volo: da ottimi amplificatori a elettroniche di classe. Di conseguenza tutte le differenze timbrico/dinamiche legate al settaggio si sono assottigliate fino a diventare trascurabili.
La risoluzione è diventata ben delineata, senza alcuna asprezza. Il sound stage ha nettamente ampliato i confini in ognuna delle dimensioni, equilibrando la profondità posteriore e anteriore e arrotondandosi dolcemente negli angoli della stanza. Le micro cellule sonore e spazio-temporali sono emerse incrementando la micro dinamica. La musica ha così acquistato notevole presenza materializzando anche i musicisti. Con piccoli gruppi jazz o quartetti/quintetti cameristici l’opzione triodo offre la possibilità di un ascolto al top dell’accuratezza musicale. Il sound rimane comunque costantemente robusto e pieno, senza perdere mai naturalezza. La scelta ultralineare applicata all’ascolto di grandi orchestre e cori è sconcertante. Le grancasse e i timpani scendono sempre molto in basso, con notevole intensità acustica e durante le rullate veloci non si perde un colpo. Le voci sono riprodotte rimarcabilmente su tutto l’arco delle espressioni tonali e timbriche, dal falsetto al baritono, sempre ben collocabili in qualunque contesto ambientale, dallo studio al palco, dalla chiesa all’auditorium.
Ho voluto saggiare a fondo questa combinazione e ne ho trovato l’apoteosi con l’Ouverture 1812, Op. 49 di Tchaikovsky, eseguita dalla London Symphony Orchestra diretta da André Previn il 5 e 6 maggio 1972 alla Kingsway Hall di Londra, Hi-Q Records Supercuts, 2010. L’opera vanta un grande valore storico/nazionalista perché rappresenta la ritirata delle truppe di Napoleone sconfitte dall’esercito russo nel 1812. Il materiale musicale contempla due temi originali intrecciati con altri, storicamente altrettanto significativi. Il primo è l’inno God Preserve Thy People. Il secondo, che interpreta l’invasore, è la Marseillaise. Il terzo è un motivo tradizionale di Novgorod. L’Ouverture si completa con un’aura di gloria e la vittoria celebrata con l’inno nazionale russo.
La composizione fu eseguita in occasione della consacrazione della Cattedrale del Redentore al Cremlino nel 1882, nella piazza antistante, in cui fu schierata un’enorme orchestra, con una vasta sezione di ottoni, cannoni e campane da chiesa. Vi assicuro che i colpi di cannone registrati sul disco esplodono nella stanza con un punch terrificante. La musica, che sia fragorosa o delicata, non è mai compressa o scatolata, bensì ariosa senza limiti definiti e scorre fresca e liquida come una fonte, avvolgendo l’ascoltatore senza mai aggredirlo. Certo è che con i Mahi in ultralineare con feedback a 10 dB, non si può resistere nel mettere sul piatto un disco rock. Il segnale diventa sporco, sudato, irriverente. Non ho mai ascoltato Marquee Moon dei Television, Elektra/Asylum Records, 1977, suonare così autentico e adrenalinico.
Quaranta minuti in cui viene scatenata tutta l’energia compositiva di Tom Verlaine e Richard Lloyd in connubio perfetto tra l’elettricità abrasiva e l’essenza intellettuale del rock/wave newyorchese di fine seventies. Stessa sensazione con i Talking Heads nel doppio live Rome Concert 1980, Vynil Passion Records, DMM Cutting, 2010. Una Psycho Killer rutilante e irresistibile, tra chitarre incisive e ritmi incalzanti. Due gruppi miliari, due album fantastici. Due amplificatori eccezionali.
I finali Manley Mahi si sono rivelati sorprendenti. Li ho avuti in prova per circa un mese e mi hanno consentito di vivere un’esperienza di ascolto divertente e appagante. L’infinità di soluzioni tecniche che offrono costituiscono uno stimolo continuo all’esperimento, non di certo esclusivo per esperti ma, al contrario, alla portata di tutti. I parametri sonori sui quali si misura la qualità di un’elettronica sono di vertice o molto prossimi all’ottimo.
Voti alti devono essere assegnati ai Manley Mahi per timbrica, macro e micro dinamica, immagine, scena acustica, tridimensionalità. Apprezzamenti per le proprietà costruttive e progettuali. Con un curriculum di questa portata un meritato Spark in the Dark.
Caratteristiche dichiarate dal produttore:
Tipologia: finali mono a valvole
Valvole utilizzate:
ingresso: 1 x 12AT7EH a placca larga Electro-Harmonix Russia
driver: 1 x 6414 Jan NOS GE o Raytheon
potenza: 4 x EL84M NOS Russia
Valore di BIAS: 250mV misurato su ogni resistenza catodica da 10ohm
Impedenza d’ingresso: 110kOhm
Feedback negativo: Minimo 3dB, Standard 6dB, Max 10dB
Guadagno:
TRIODO/ULTRALINEARE:
FB min 30.7/32.1dB
FB std 28.5/29.1dB
FB max 27.1/26.1dB
Sensibilità d’ingresso al massimo della potenza d’uscita (definita come tensione d’ingresso richiesta al fine di produrre la massima potenza d’uscita che raggiunga una distorsione armonica totale dell’1,5% a 1KHz):
TRIODO/ULTRALINEARE:
FB min 175/155mV
FB std 312/340mV
FB max 480/566mV
Sensibilità d’ingresso per 1W su 8Ohm: 61mV - 53mV
Rapporto segnale/rumore riferito a 1W: 82dB
Massima potenza d’uscita:
a 5 ohm TRIODO/ULTRALINEARE:
FB min. 18/20W
FB std 27/42W
FB max 28/46W
A 8 ohm
FB min. 14/24W
FB std 24/40W
FB max 25/41W
Range dinamico: 83dB
Distorsione armonica totale+rumore a 5W: <0.15%
Risposta in frequenza al massimo della potenza in ULTRALINEARE: 20Hz-20KHz flat
Risposta in frequenza a 5W in 8 ohm: 10Hz-30KHz flat, -3.75dB a 100KHz
Carico diffusori raccomandato: ottimizzato per 5ohm
Impedenza d’uscita:
TRIODO/ULTRALINEARE:
FB min 2.43/3.10ohm
FB std 1.47/1.67ohm
FB max 0.90/0.95ohm
Fattore di smorzamento:
TRIODO/ULTRALINEARE:
FB min 3.29/2.58
FB std 5.45/4.78
FB max 8.90/8.43
Consumo energia al massimo della potenza: 168W
Dimensioni: 25,40x12,70x28cm LxAxP
Peso: 8kg per finale imballo compreso
Distributore ufficiale Italia: al sito del Tempio Esoterico
Prezzo di listino Italia alla data della recensione: 5.900,00 euro
Sistema utilizzato: all’impianto di Giuseppe "MinGius" Trotto