L’impianto entry level ReMusic | Come eravamo

07.06.2018

Nella foto principale, NAD 3020, il campione storico di ampli integrato budget ma ben suonante, nato verso la fine degli anni '70

 

Ma una volta come si faceva il primo passo nel mondo dell’alta fedeltà? Come ci si metteva alla ricerca di apparecchi che, con il minimo di spesa possibile, potessero far provare l’emozioni della musica riprodotta da un vero impianto?

 

ReMusic è un luogo di audiofili, un’agorà frequentata da filosofi dell’audio. Quasi nessuno tra noi è giovanissimo – nemmeno giovane se è per questo – e tutti hanno una storia di mille impianti provati, smontati, modificati, comprati, rivenduti, alla continua ricerca del meglio. Per noi il primo impianto è una cosa importante, difficile da dimenticare per la gioia che ha dato, o almeno lo sarebbe, se l’età non rendesse il ricordo un po’ vago…

 

Negli anni ‘80 l’Hi-Fi era una delle attività ricreative che andava per la maggiore. Lo si definiva un hobby ma era ed è di più. I ragazzi ne parlavano come oggi fanno dei gaming PC o degli smartphone o dei numerosi gadget tecnologici che vanno di moda. Le riviste specializzate, italiane ed estere, venivano attese, comprate e divorate. Noi come tanti altri si andava in giro per i negozi specializzati – ce n’erano molti – ad ascoltare e confrontare amplificatori, casse e giradischi. Siccome i soldi erano pochi, si domandava all’esperto quale amplificatore economico suonasse meglio. Meno di duecentomila lire era il target possibile, quando andava di lusso. Una volta trovato, si programmavano una serie di risparmi mensili per poterlo acquistare. Poi e allo stesso modo si cercavano i diffusori e così via. La scelta era ampia perché le grandi case dell’elettronica trovavano utile investire in apparecchi entry level per guadagnare un potenziale cliente e le prime righe dei listini contenevano offerte appetitose. Una volta che si era entrati in un negozio, si ascoltavano anche gli impianti di pregio e di maggior costo. Lo si faceva un po' per sognare e un po' per farsi male. A furia di ascolti si formava una capacità critica che a poco a poco trasformava la passione in competenza. Uno studente o un giovane appena impiegato poteva costruirsi il proprio primo impianto senza tanti patemi e, forte di ore di ascolti, poteva dichiarare di “avere l’impianto Hi-Fi”, invitando gli amici a casa. E se la passione lo prendeva, questo era solo un punto di partenza che si evolveva in qualcosa di più importante.

Un mercato con un’ampia base di acquirenti è stato un’opportunità per i progettisti più bravi, per creare e vendere apparecchi migliori. Il loro ragionamento era semplice: “se faccio un apparecchio che suona meglio di quelli che già ci sono, i tanti appassionati - che sono anche degli esperti - se ne accorgeranno e lo compreranno”. Essendo la parola chiave “tanti” riferita ai potenziali acquirenti, trovavano i finanziamenti per lanciarsi in iniziative con buona probabilità di successo. Ditte che ancora oggi sono importanti e rinomate per la qualità dei loro prodotti sono nate in questo modo, soprattutto in Inghilterra e negli Stai Uniti.

Un altro fenomeno, anch’esso virtuoso per il miglioramento complessivo della qualità di ascolto, era quello del “progettista genio”. Alcuni tecnici dalle grandi capacità ideavano e costruivano apparecchi in tiratura limitata, in alcuni casi molto cari, senz’altro, ma anche eccellenti. Alcuni tecnici scrivevano articoli per le associazioni professionali o per delle riviste tecniche, divulgando le loro scoperte o innovazioni circuitali. La grancassa mediatica e il passaparola degli appassionati faceva sì che il progettista in questione diventasse famoso. Oltre che bravo poteva così diventare anche un “guru dell’audio”, qualcuno la cui opinione diventava immediatamente un fenomeno di tendenza. Tanto che alla fine, se aveva una ditta, questa veniva comprata da qualche major dell’elettronica, oppure lui stesso veniva assunto con ruoli di prestigio e le sue capacità messe a disposizione di aziende più grandi in grado di produrre in larga scala. In ogni caso il suo contributo veniva presto inglobato dall’industria audio con un beneficio per tutti. Questo ad esempio fu il caso di Matti Otala, che con le sue ricerche ha migliorato, e di molto, il modo con cui sono misurati e costruiti gli amplificatori a transistor. Difatti l'Harman Kardon, che nacque nel 1953, fece progettare il finale Citation XX proprio a lui. Di questi personaggi ce n’erano molti che hanno fatto la storia dell’Hi-Fi, James Bongiorno e John Curl, tanto per citarne solo due. Certo, erano spesso in polemica tra loro, ma nelle loro diatribe infiammavano il campo e comunque divulgavano sapere.

 

Oggi non è più così. Per molteplici motivi il mercato degli apparecchi Hi-Fi ha degli obiettivi e delle logiche diverse e la possibilità di scelta per primi impianti davvero economici è difficile, se non addirittura quasi impossibile quando ci si limita ai più alti criteri di scelta che oggi definiscono il mondo degli audiofili. La scarsa disponibilità di apparecchi economici che godano del pieno apprezzamento della “vecchia guardia” di esperti limita il desiderio da parte dei giovani – sempre in bolletta, questa cosa non è cambiata – ad avvicinarsi a questo mondo. Sfortunatamente gran parte dei comunicatori è oramai abituata alle cifre che vengono chieste e da lì difficilmente si scosta. Se il mercato, piccolo che sia, le accetta perché farsene un problema? Anche la proposta dei progettisti geniali, ne conosciamo diversi e qualcuno è veramente bravo, è caratterizzata da una visione più “individuale”. Chi sa qualcosa la tiene per sé e casomai costruisce in tiratura limitata in piccoli e specializzatissimi atelier audio. Una cosa più che legittima, ma in antitesi con l’allargamento del mercato.

Numerose ditte nate negli anni ‘80 grazie all’innovazione e alla ricerca, sono oggi fallite o comprate dai fondi internazionali o cordate di investitori che, approfittando di un mercato più ricco, possono ancora sfruttarne l’onda del precedente successo. Le cose sono cambiate al punto che il gigante Harman, che con l’attuale nome ha fatto incetta di gran parte dei marchi del mondo audio, dal commerciale fino all’Hi-End, come Mark Levinson e Infinity – NdR Quest'ultimo la pallida immagine di quello che fu, è stato comprato per otto miliardi di dollari dalla Samsung: non tanto per i brevetti e i marchi Hi-Fi quanto per quelli del settore automotive… Segno evidente che chi ha soldi da investire non vede più nell’audio di qualità, almeno in quella nicchia in cui gli audiofili si riconoscono, un mercato in espansione.

 

Per il nostro progetto di ricerca di un “primo impianto” buono ma economico, piò o meno mille euro per tutto, le cose si complicano e le scelte sono obiettivamente poche.

 

Quindi occorre cercare una via diversa e, utilizzando le orecchie e quel po’ di materia ancora funzionante che occupa lo spazio tra di esse, impegnarsi per trovarla. Avendo in mente l’obiettivo definito da Giuseppe nel primo articolo di questa serie: componenti specializzati, separati e cablati. Per suddividere le spese e consentire il massimo della rivendibilità. E per provare emozioni, aggiungo io.

 

Analizziamo quindi la situazione in modo razionale. Un primo impianto ha bisogno di una sorgente, di una amplificazione, che vogliamo già orientare verso un pre e un finale, e di una coppia di diffusori. Lasciamo da parte gli accessori e il tweaking e rimaniamo sul concreto. Sempre d’accordo fra di noi, tra questi componenti quelli che maggiormente influiscono sulla resa finale sono senz'altro i diffusori. Quindi nel nostro budget la fetta più grande deve essere destinata a questo componente e l'altra la dividiamo, più o meno in parti uguali, per sorgente e amplificazione.

Come ulteriore linea guida nella nostra ricerca dovremo essere in grado di scegliere tra diversi modelli di caratteristiche simili, preferibilmente prodotti da marchi conosciuti e diffusi, anche in settori audio non propriamente considerati Hi-Fi, parliamo del mondo delle schede e dei software per l’audio, e del professionale. Le tipologia degli apparecchi e la loro tecnologia devono essere proiettate al futuro, con una sola eccezione, come vedremo, e l'impianto dovrà essere modulare così da permettere di migliorarlo sostituendo un componente alla volta. Infine dovrà essere buono a sufficienza per rimanere “definitivo”, casomai la passione non arrivasse. E fornire un termine di paragone per abituare il possessore a riconoscere musica riprodotta bene quando la sente.

Vorremmo, per dirla tutta, appassionare qualche giovane o neofita e farlo diventare un audiofilo.

 

Segue...

 

 

Per ulteriori info e approfondimenti:

al primo articolo di questa serie

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