Vi presento Mirko, un mio nuovo amico di audiofilia, una brutta malattia che, per esorcizzarne la pericolosità e addomesticarne la forza, io chiamo più prevedibilmente “passione”. Conoscevo Mirko per sentito dire, per qualche post sui social, per quel poco che ero riuscito a vedere di lui e di sentire di suo in qualche manifestazione. Quindi, diciamo le cose come stanno, non lo conoscevo per niente. Perché, finché non ci mangi e bevi insieme, le persone non puoi nemmeno dire di averle sfiorate, insomma. E nei giorni scorsi abbiamo ben mangiato e ben bevuto. Notte e giorno. Disquisendo in continuazione di… no, non di quello a cui avete pensato… ma di Hi-End e dei modi più strani, inconsueti e originali per raggiungere il vero suono, quello meglio riprodotto, quello più aderente al reale.
Mirko Marogna è l’equivalente di un reduce di molte guerre e teatri di combattimento. Porta su di sé un sacco di cicatrici, come fossero – e lo sono – medaglie. Ha visto e fatto cose che noi umani nemmeno ci immaginiamo. E potrebbero pure schiantarci. Come ho rischiato di finire io, letteralmente schiantato, all’ascolto del suo impianto personale. Trasmette a chi gli sta vicino la pericolosità di chi può ucciderti con due dita, perché è stato addestrato a farlo, ma contemporaneamente la sensibilità di chi sa cogliere le sfumature, e se le tiene per sé, con cura e attenzione, come fossero creature delicate da proteggere.
In Hi-Fi ci sono tanti che ci hanno messo soldi, un po’ meno ci hanno messo o sanno metterci testa, ma nel caso delle realizzazioni di Mirko c’è un impegno economico sovrumano e tanta, ma tanta, ma proprio tanta testa. Le sue esperienze produttive e professionali si sono concretizzate e possono essere riassunte brevemente in 1 - impianti “pro”, 2 - impianto Hi-End destinato alla vendita, 3 - impianto Hi-End personale e pure 4 - la bellezza di un vero e proprio teatro per spettacoli.

Un esterno della sede e teatro EPA - Esoteric Pro Audio
A proposito del sistema Hi-End recentemente presentato al Milano hi-fidelity, per sommi capi posso dirvi che si parla intanto di un sistema chiuso. Trovate qualche immagine nella gallery dell’articolo: come al solito a fondo pagina in lettura da dispositivi "verticali" come i cellulari o nella colonna di sinistra su grandi monitor. A questo "sistema", come intuibile, dovete solo dare un segnale, analogico o digitale, e al resto pensa lui. O meglio, inizialmente ci pensa Mirko, programmando nel vostro ambiente l’intera catena: dall’elaborazione del segnale stesso con il controller in DSP Esoteric Pro Audio Fibonacci, definito giustamente “audio manager”, passando all’amplificazione ibrida in classe D Caravaggio, disponibile in modelli mono o stereo, per arrivare ai diffusori senza crossover Kora. Questi sono appunto dei tre vie da triamplificare via audio manager e altrettanti ampli per ogni via, anche non necessariamente "della casa". Hanno un'estensione da 17 Hz a 25 Khz, sono caratterizzati da un driver a compressione con tromba asimmetrica dal design sempre interno e fondamentalmente il loro progetto è quello di un altoparlante larga banda, questo da solo con estensione da 60 Hz a 10 kHz, “aiutato”, come si usa dire in gergo, in basso e in alto. Sotto, anche in senso fisico, c’è il woofer in sospensione pneumatica e carico a pavimento, che comporta molta meno escursione e consente un punto di lavoro ottimale sul traferro. Sopra troviamo invece un grande, in tutti i sensi, tweeter a pistone, delle dimensioni praticamente di un midrange e “accolto” in una guida d’onda.
Tra l’altro, detto per inciso ma con la giusta rilevanza, sia i moduli DSP che quelli classe D Esoteric Pro Audio sono proprietari, sono cioè stati progettati internamente, con il supporto di una primaria azienda specializzata nello sviluppo, l’ingegnerizzazione e la produzione di progetti elettronici speciali. E, vale la pena di dirlo, tutto l’affare è italiano, del Nordest tanto per essere precisi. E orgogliosi.
In attesa degli articoli relativi alla visita presso la sede della sua azienda e quelli dedicati ad approfondimenti tecnici e ascolti, ecco oggi un primo e gustoso appetizer, un contributo sotto forma di intervista per scoprire l’uomo, per dargli voce, per farlo parlare direttamente dei temi che ci appassionano, che ci tormentano, che ci dilapidano le finanze, che ci rimettono però continuamente in gioco quando una novità o una scintilla di buon suono sembrano balenare di fronte alle nostre orecchie.
Domanda: Mirko, tu hai un percorso audiofilo multiforme, eclettico. Amico e discepolo di Bei Yamamura, uno dei vertici internazionalmente riconosciuti dell’audio Hi-End più integralista, fatto di progetti di grandi dimensioni ma minimali nel layout, hai esplorato le realizzazioni più “esoteriche” dei progetti Sakuma basati sui driver storici Lowther, con trasformatori Tamura e Tango, hai affrontato il professionale, il lavoro sul campo, e ora immetti sul mercato un tuo impianto Hi-End ad altissima integrazione fra i suoi componenti. Nel frattempo, a casa, tanto per non farti mancare nulla, hai portato all’esasperazione tutte queste tue esperienze nel tuo impianto personale, quanto di più moderno e antico, tutti e due i termini da leggere in senso positivo, io abbia mai sentito. Cominciamo quindi con le domande, in ordine approssimativamente cronologico. Com’è allora nata la tua passione per l’Hi-Fi, chi te l’ha instillata, con chi ti sei confrontato o chi ti ha accompagnato inizialmente?
Mirko Marogna: La passione per l’Hi-Fi è nata a circa 12 anni quando mio padre regalò a me e mio fratello, di tre anni più grande, il primo impianto stereo. Ricordo ancora, era un sistema basato su amplificatore e diffusori Pioneer. Durò in casa forse due settimane per essere sostituito da un amplificatore Sansui 5900 e da diffusori Jensen e da lì il lungo percorso che ci porta a oggi.

Mirko Marogna e Bei Yamamura, 19 novembre 2013
Domanda: Come hai conosciuto Yamamura, com’è stato il vostro rapporto? Ti ricordi qualche aneddoto della vostra comune dedizione al bel suono?
Marogna: Bei, per gli amici italiani Be’, lo incontrai la prima volta in un negozio di Legnano a metà anni ’90. In quella occasione presentava il suo giradischi sospeso su aria e senza perno. Ricordo che vicino a me era seduto il compianto Bebo Moroni. Durante l’ascolto Be’ si rivolse alla moglie e si fece passare un martello in gomma con il quale diete una martellata allo stabilizzatore in grafite sopra il disco tanto forte da farlo rimbalzare, io e Bebo ci spaventammo ma dai diffusori non uscì un minimo rumore: così si presentò a me Bei. Ovviamente lo conoscevo già di fama quindi per me quel giorno fu veramente entusiasmante. In seguito, lo incontrai spesso in occasione di fiere e io lo tempestavo di domande per cercare di scoprire qualche suo piccolo segreto. Chi conosce la cultura giapponese sa che quel popolo non ha l’abitudine di trattenere per sé le esperienze e in effetti Be’ cercava di spiegarmi alcune delle sue realizzazioni in maniera molto dettagliata e io rimanevo sempre stupito della sua sincerità. A quel tempo non mi occupavo di audio professionalmente, ero un semplice appassionato. Qualche anno più avanti Be’ prese in carico un progetto per un sistema molto complesso di proprietà di un amico che frequentavo e si fermava da lui per lunghi periodi, dandomi la possibilità di incontrarlo spesso. Nel frattempo, avevo iniziato il mio percorso lavorativo nell’audio professionale e quindi le nostre discussioni diventavano, man mano che passava il tempo, sempre più tecniche e dettagliate, anche perché quel sistema era gestito in digitale, che era il mio pane quotidiano. A lungo discutevamo di come fosse meglio affrontare le problematiche riguardo i profili delle trombe, i tagli di crossover, le amplificazioni, e io lo ascoltavo sempre con attenzione e ammirazione. Nel frattempo, cresceva la mia esperienza nella gestione dei processi digitali e mi resi conto di non trovarmi d’accordo su come lui gestiva le pendenze di crossover, tanto che una sera, durante una cena in un ristorante sulle colline bolognesi, trovai il coraggio di esprimergli le mie perplessità a riguardo. In quel momento lui mi guardo e mi chiese spiegazioni e io, con carta e penna, iniziai a disegnare degli schizzi per spiegargli la mia teoria. Quando finii la mia esposizione sulla materia che lui ascoltò con attenzione mi disse: “Mirko, quando hai un po' di tempo da dedicarmi?”. Ricordo ancora la sensazione che provai in quel momento ma non riesco a descriverla: era come aver mancato di rispetto a tua madre ma allo stesso tempo lei ti mostrasse la sua più grande stima. Per me fu commovente. L’ultima volta che lo vidi fu a Monaco, mi chiese la cortesia di portargli i materiali per lo stand della fiera al MOC 2016 e montargli le Dionisio ultima versione, in quanto ne avevo posseduto una coppia e quindi mi riteneva in grado di allestirle per lui. Pranzammo io e lui da soli. Fu una sorta di confessione finale. Ricordo che quando mi vide mi salutò e scherzosamente mi disse “ciao Maestro” e ci mettemmo a ridere. Gli volevo bene.
Domanda: Conosco moltissimi audiofili o costruttori che, non soddisfatti di quanto si trova sul mercato, si sono rimboccati le maniche. So per certo che per te non è mai stato un problema il costo di apparecchi o diffusori, volente o nolente hai riversato cospicue somme di denaro per ottenere il suono che volevi. Quindi, detto in generale, senza fare necessariamente degli esempi, cosa non ti ha convinto nella produzione di serie, quella che promette il vertice delle prestazioni e dei risultati, almeno a leggere le relative brochure pubblicitarie?
Marogna: Diciamo che dopo aver iniziato ad amplificare concerti di musica dal vivo e aver assimilato le dinamiche reali degli strumenti ho notato l’enorme differenza in questo parametro, avevo sempre la sensazione di ascoltare al rallentatore e, per lo stesso motivo, le registrazioni complesse mostravano sempre limiti di dettaglio nei pieni orchestrali.
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Per ulteriori info:
al sito Esoteric Pro Audio
manuale EPA Fibonacci Audio Manager
manuale EPA Caravaggio Hybrid Amplifier
manuale EPA Kora Speaker System