Mi hanno stupito alcuni commenti piuttosto tiepidi che hanno accompagnato l'uscita di The Way to You, ultimo lavoro della violinista americana Sara Caswell. Nonostante le perplessità di una parte della critica, bisognerebbe puntualizzare che si sta parlando di un'artista il cui approccio garbato allo strumento ha veramente pochi rivali, presentandosi con un album tra i più piacevoli e scorrevoli mai ascoltati in questi ultimi tempi. Il sospetto è che il violino – e anche l'hardanger d'amore, uno strumento un po' speciale di cui parleremo tra poco – non sia, in genere, molto apprezzato dai jazzofili più oltranzisti, che l'hanno sempre considerato come una sorta d'intruso, un profilo dall'aspetto troppo nobiliare a causa della sua storica appartenenza al mondo della musica classica. Eppure, la presenza del violino in ambito jazz ha una storia lunga e degna di nome, avendo avuto tra i suoi angheloi musicisti del calibro di Stephane Grappelli, JoeVenuti, Jean-Luc Ponty, Didier Lockwood fino a Karen Briggs e Regina Carter, per citare i primi nomi che mi vengono in mente. Vero è che l'ultimo lavoro da titolare della Caswell risale a diciott'anni fa – But Beatuful, del 2005 – ed era solamente il secondo pubblicato dopo l'esordio di First Song, del 2000, a meno che non si voglia prendere pure in considerazione l'album dal vivo edito insieme alla sorella vocalist Rachel e al pianista Fred Hersch, Alive in the Singing Air, datato 2014. Ma il curriculum della Caswell è segnato anche da una serie di collaborazioni importanti, tra cui quelle con Esperanza Spalding, Brad Mehldau, Henry Threadgill, Brian Blade e il già citato Hersch.
Se non è il violino in sé ad aver provocato una certa diffidenza verso questo nuovo album, quale potrebbe essere la ragione della prudenza, a volte eccessiva, nell'apprezzare un buon lavoro come questo? La Caswell ha avuto un'educazione classica e ciò lo si avverte dall'impronta formale, pura e pulita, con pochi fraseggi stretti di senso be-bop e misurate dimostrazioni di virtuosismo tecnico. Lo svolgersi della musica, molto melodica e mai stucchevole, possiede tuttavia un lessico moderno, tipicamente di stampo jazz, pur mantenendo viva la provenienza tradizionalmente colta dell'educazione della strumentista. La stesura delle frasi, l'accompagnamento eccellente dei suoi partner – quasi tutti suoi collaboratori da circa una decina d'anni – fanno di questo album un lavoro prezioso perché privo di autoindulgenza e di frivolezza, suonato con precisa competenza sintattica, anche se a volte potrebbe paventare un certo distacco emotivo, affrettatamente interpretato come freddezza esecutiva.
Venendo alla formazione, la Caswell è al violino e all'hardenger, uno strumento a dieci corde, di cui cinque montate ad arco ed altre cinque al di sotto della muta principale che fungono da risonanza. Jesse Lewis è alla chitarra, Ike Sturm al contrabbasso, Jared Schonig alla batteria e Chris Dingman, presente in quattro brani su nove, al vibrafono.
Doveroso appuntare, a margine di tutto questo, che l'incisione è stata realizzata nel 2019, anche se la pubblicazione è avvenuta quest'anno.
South Shore è il brano di apertura, composto da Nadje Noordhuis, trombettista australiana ma attualmente residente a New York. Il pezzo proviene dal suo album Indigo, pubblicato nel 2017. Inizio morbido, con un colloquio a mezza voce tra batteria, chitarra e contrabbasso. Dopo l'entrata del luminoso violino della Caswell, comincia a farsi largo con delicatezza il vibrafono, accompagnato da una chitarra via via più presente. L'esecuzione tematica, anche orecchiabile nella sua linea principale, ha qualcosa di velatamente progressive e ricorda i pattern di Ponty. L'aspetto melodico e una certa concisione ritmica ne fanno una traccia molto godibile, caratterizzata da un interplay perfetto come un orologio. Certo, la presenza del violino è preponderante ma lascia abbondante spazio a un assolo di vibrafono ben sorretto dall'accoppiata Sturm & Schonig. Un inizio veramente molto ben riuscito.
Sappiamo, per ammissione della stessa Caswell, di una sua passione per l'aspetto melodico e infatti questa affinità emerge ancor più nel brano a seguire, Stilness del contrabbassista newyorkese Ike Sturm, membro dell'attuale band della Caswell, e tratto dal suo lavoro Jazz Mass datato 2009. Un arpeggio di chitarra annodato a qualche nota di basso e un leggerissimo supporto di batteria, preludono a un tema violinistico molto pacato e sereno, anche se colorato di leggera malinconia. La Caswell cuce un assolo melodioso ed elegiaco, cui segue un robusto, in senso dinamico, intervento di contrabbasso. Un crescendo ritmico in tempi dispari rischia di deflagrare ma poi s'immette nella scia melodica del violino, atomizzandosi progressivamente verso il finale.
7 Anelis è di Egberto Gismondi, tratto da Infancia del 1991. L'ispirazione del polistrumentista brasiliano immette note di tumultuosa allegria nella musica della Caswell, con la chitarra di Lewis in bella evidenza, almeno fino a quando il violino riprende a imboccare una strada malinconica, a mezza via tra l'America Latina e qualche sporadica nebbia irlandese. Poi però il ritmo torna ad aumentare ed è la volta quindi del batterista Schonig di inventarsi un assolo percussivo in stile brasileiro, mantenendosi così fedele all'impronta dello spirito sudamericano.
The Way to You è un brano di Michel Legrand scritto nel 1932, con una piccola variazione nel titolo: originariamente era On My Way to You. La melodia è fin troppo lacerante, quasi frugale di note, con la linearità e la dolcezza sonora di un violino che incanta anche l'ascoltatore più smaliziato. L'assolo di chitarra, tra il Metheny melodico e il Frisell quasi country-jazz di East/West, con effetti d'eco e note sfuggenti, contribuisce alla spirituale impalpabilità del brano. Una placidezza serotina avvolge il gruppo in un blend appassionato e struggente come non mai. Nelle fasi finali il violino riaccentra su di sé il focus emotivo, allungando e illanguidendo le sue corde.
Voyage è firmata dal pianista Kenny Barron, tratta da What If del 1986. Questo brano è quello decisamente più jazz dell'intero album e lo si avverte da subito, con un inizio che fa trasparire un saltellante incrocio ritmico tra batteria e contrabbasso. Dopo l'esposizione del tema c'è il walking-bass di Lewis che accompagna il perfetto assolo in stile be-bop – uno dei pochi, forse l'unico – della Caswell. In evidenza il dialogo vibrafono-chitarra, talmente serrato da apparire quasi inusuale in questo contesto. I vigorosi fraseggi degli strumenti vengono supportati dagli ottimi sussulti percussivi di Schonig e a tratti si ha proprio la sensazione di avvertire l'insolita presenza delle trame jazz-rock di Ponty del periodo fine '70, ad esempio quello di Enigmatic Ocean.
Finalmente tocca a un brano della stessa Caswell, il melodico e amoroso passaggio di Warren's Way, dedicato al compagno di vita dell'autrice. Traspare un affetto profondo fin dalle note iniziali solitarie del violino, tra suggestioni europee nordiche sciolte in un ¾ ritmico che ricorda, in alcuni punti più cantabili, l'andamento di una ballata irlandese. Squisitamente suonato, l'arco della Caswell, al limite della voluttuosità, dimostra una partecipazione emotiva molto intensa. Stupendo l'intervento rarefatto della chitarra acustica e del contrabbasso che s'impegnano reciprocamente in un intrecciato assolo, prima che il violino riconduca il cammino al tema e poi alla conclusione dello stesso brano.
Il batterista Michael Warren Davis, l'oggetto della dedica dichiarata nel titolo di questo pezzo, mette lo zampino nel brano susseguente, Last Call. Qui torniamo nel pieno delle atmosfere jazz con recessi di rock-blues e scale pentatoniche. Il violino lo si coglie a vagabondare tra la struttura a maglie strette e swinganti della ritmica, con una chitarra che torna a elettrificarsi e a distorcersi moderatamente in una serie di interventi friselliani, entrando all'unisono con l'arco nelle battute finali del brano. La traccia ha un aspetto generico moderatamente convulso e devo ancora una volta aggiungere una nota di merito al gran lavoro del batterista, in grado di offrire un necessario vigore sotterraneo.
Spinning è una composizione della Caswell, una melodia carica di nebbie e vapori autunnali, in cui il violino dimostra tutta la sua notevole potenzialità espressiva, resa manifesta in un contesto di assoluta pulizia e chiarità tecnica. Un bell'assolo di Dingman al vibrafono contribuisce al motore dell'intera composizione, sempre giocata tra espressività melodica e dinamici controtempi.
Chiude O Que Tinha De Ser, traduzione “ciò che doveva essere”, un brano della coppia Jobim-De Moraes del 1959 che ha conosciuto molte versioni, soprattutto di esecutori brasiliani, pubblicato per la prima volta da Sylvia Telles in Amor de Gente Moca nel 1959. Proprio in questo brano viene utilizzato il succitato hardenger d'amore di fabbricazione norvegese. La sua timbrica, a metà tra la viola e il violino ha caratteristiche che assomigliano alla voce umana, soprattutto nelle tonalità più basse. Qualche lontana assonanza, più che altro nell'incipit con l'Aranjuez di Rodrigo ma poi nello sviluppo, il pezzo diventa quasi una milonga dalla consistenza vellutata.
Non è un semplice matrimonio morganatico tra l'aristocratica musica classica e il più popolare contributo del jazz ciò che ascoltiamo in questo disco. Non è nemmeno corretto parlare di ibridazione, perché in questo caso è solo una particolare attenzione alla scrittura – eredità dell'insegnamento classico – che rimanda alla memoria della musica colta europea, mentre l'economia dei brani si orienta su posizioni decisamente più contemporanee. Non mancano infatti parentesi d'improvvisazione con la struttura ritmica che si mantiene sempre ad alto livello. Su tutto, lo stile apollineo della Caswell, alle volte un po' trasognato ma dal tocco riccamente cromatico e costantemente misurato.
Sara Caswell
The Way to You
CD Anzic Records 2023
Disponibile anche in streaming su Qobuz 24bit/96kHz e Tidal 16bit/44kHz